Ventennale dell’APAC, 28 Maggio 2012

Ventennale dell’APAC, 28 Maggio 2012 Come presidente dell’Associazione Pachinese anticrimine APAC, saluto tutti voi, che siete qui in questo giorno così importante per l’APAC, in cui ricordiamo il ventesimo anniversario della nostra associazione.

Saluto i soci e i cittadini di Pachino, i consiglieri comunali e gli assessori presenti tra cui l’Assessore Patrizia Tossani, che parlerà a nome del Sindaco di Pachino (assenti per motivi istituzionali). Saluto gli alunni delle scuole, i vincitori del concorso, i Dirigenti scolastici e i docenti nonché i rappresentanti delle associazioni di volontariato di Pachino e tutte le istituzioni e autorità a livello provinciale e territoriale. Un saluto particolare ai delegati delle associazioni antiracket di Siracusa, rappresentate dal Coordinatore provinciale Paolo Caligiore e dal Coordinatore regionale Mauro Magnano.

Altre presenze:
Vice-Presidente della Provincia: dr.ssa Giorgia Giallongo che interverrà a nome del Presidente, on. Nicola Bono

Dirigente commissariato: dr. Paolo Arena, che interverrà anche a nome del Questore di Siracusa: dr. Mario Caggegi

Ex Dirigente del Commissariato P.S. : dr. Giancarlo Consoli

Capitano dei Carabinieri: Gennaro Micillo

Comandante G. di Finanza di Noto, Tenente Diana Campanella

Comandante G. di Finanza di Pachino: Maresciallo Antonino Gianno

Comandante Ufficio territoriale Capitaneria di Porto: maresc. Stella

Un particolare saluto infine voglio formulare a S.E. il Prefetto Renato Franceschelli, al Procuratore della Repubblica Ugo Rossi e al presidente della Federazione antiracket italiana, dr.ssa M. Teresa Morano, che ringrazio perché hanno ritenuto rilevante stare insieme a noi questa mattina.

Il programma sarà ampio, per cui non mi soffermerò sulla ventennale storia dell’APAC perché preferisco dare più spazio agli altri e ai ragazzi delle scuole che hanno vinto il concorso e che più tardi si esibiranno.

Qualcosa comunque la devo dire e la vorrei dire collegandomi in maniera sintetica alla situazione politica e criminale del passato, per poi guardare al futuro in modo che insieme si possa ricominciare un percorso nuovo e percorrerlo con determinazione e fiducia.

Il 1992 rappresenta il punto culminante di una serie di avvenimenti e di vittime eccellenti, già iniziati venti anni prima con l’omicidio del procuratore della Repubblica di Palermo Pietro Scaglione, ucciso nel 1971. Non fraintendetemi, per favore. Non è che le altre vittime contino poco. Tutte le vittime sono importanti, umanamente tutte sono sullo stesso piano. Ma toccare degli uomini con una funzione pubblica significa toccare direttamente lo Stato, la parte più sana delle istituzioni. – Finora, in effetti, la mafia aveva ucciso solo agricoltori (troppi agricoltori), qualche prete, imprenditori, semplici poliziotti, sindacalisti …, ma aveva evitato di colpire funzionari importanti dello Stato.

Dal 1971, invece, grazie anche alla rivoluzione culturale e valoriale degli anni 60-70 (pur con tutte le sue contraddizioni), che ha modificato idee e ha fatto prendere coscienza a milioni di cittadini, i quali hanno iniziato a mettere in discussione l’intoccabilità di certi settori e di certi ruoli, che hanno preso più sul serio la pari opportunità tra i cittadini e quindi il rigetto di concezioni ataviche di privilegio…; dal 1971, ripeto, oltre ai molti poliziotti e carabinieri uccisi, la criminalità organizzata inizia ad uccidere anche numerose persone oneste, normalmente rigorose e difficilmente influenzabili, ma aventi un ruolo istituzionale importante; persone che hanno perso la vita per non volersi piegare e cadere in odiosi compromessi. Ricordiamo il tenente Colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo, il sindaco di Capaci Gaetano Longo, il capo della squadra mobile di Palermo Boris Giuliano, il giudice Cesare Terranova, il Presidente della regione siciliana Piersanti Mattarella, il Capitano dei carabinieri Emanuele Basile, il Procuratore della Repubblica Gaetano Costa, il sindaco di Castelvetrano Vito Lipari, Pio La Torre (segretario regionale del PCI e autore della legge che ancor oggi prevede la confisca dei beni ai mafiosi), Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa (Prefetto di Palermo), Gian Giacomo Ciaccio Montalto (sostituto procuratore), il capitano dei carabinieri Mario D’Aleo, il giudice Bruno Caccia, il Giudice Rocco Chinnici, Il Dirigente della squadra catturandi Giuseppe Montana, il Dirigente della squadra mobile Ninni Cassarà, il sindaco di Palermo Giuseppe Insalaco, il Giudice Alberto Giacomelli, il Giudice Antonino Saetta, il Giudice Rosario Livatino, il sostituto procuratore generale della suprema corte di cassazione Antonio Scopelliti; non contando gli avvocati uccisi, i giornalisti (come Peppino Impastato e Giuseppe Fava), gli imprenditori (come Libero Grassi), i funzionari pubblici e tanti altri.

Tra l’altro, dal 1984 si istituisce a Palermo il pool antimafia che permette l’avvio del maxi processo di Palermo nel 1985, con il rinvio a giudizio di 475 imputati, grazie anche alle rivelazioni di alcuni pentiti, tra cui spicca il nome del boss Buscetta.

Ecco ! Le stragi di Capaci (uccisione del giudice Falcone, della moglie Francesca Morvillo e di tre agenti di scorta) e di via D’Amelio (uccisione del giudice Borsellino e di cinque agenti di scorta) seguono tutta quella lunga scia di sangue che provoca un clima impossibile, che impedisce alle persone oneste di muoversi senza paura di essere uccise, un periodo buio ma anche luminoso, con tanti criminali che si pentono (parecchi infatti sono pure i mafiosi pentiti uccisi o loro parenti), tante persone delle Istituzioni e della società civile che vogliono alzare la testa, che vogliono reagire, che sono stanche di subire. Tante persone, alcune delle quali hanno perso la vita, ma tantissime altre no, pur lottando anche loro.

La politica -come al solito- stenta a prendere delle decisioni coraggiose e radicali, anche perché diversi politici sono concussi con le mafie, mentre altri (forse una minoranza) vogliono andare avanti con serietà. E i due eccidi che ricordiamo in questi giorni (Falcone – Borsellino) diventano nel ’92 uno strumento importante di riscatto per coloro che vogliono cambiare, lo Stato finalmente reagisce come non mai, si verifica un cambiamento culturale epocale: nessuno più osa dire che la mafia non esiste, tanti ragazzi e giovani che volevano prima identificarsi con i capi di Cosa nostra si rendono conto del male che invece la mafia fa alla società e ai cittadini, gli eroi da imitare non sono più i boss ma le loro vittime, si incrementano le associazioni antiracket, ma anche tanti movimenti che lottano contro il crimine e per la legalità. Le leggi carenti vengono colmate -in collaborazione con le associazioni antiracket- dalla 44, dalla 108, dalla 22 a livello regionale e da altre normative per salvaguardare le vittime e i familiari nonché per risarcire gli imprenditori che collaborano con gli inquirenti e così via.

E’ un periodo veramente costruttivo, carico di speranze e di impegno civile.

Anche Pachino, intorno al 1992, si trova in un periodo pesante: omicidi (uno avvenuto persino in piazza), intimidazioni, attentati non solo ad imprenditori. Ricordo che addirittura l‘associazione Mondo Giovane (a quel tempo molto attiva e impegnata) ebbe una porta bruciata. – Per alcuni mesi, ci siamo riuniti, abbiamo programmato, ci siamo contati. L’eccidio di Capaci accelera la costituzione dell’APAC che nasce ufficialmente il 23 Giugno 1992.

Fin dall’inizio, non abbiamo combattuto soltanto i reati del pizzo e dell’usura, ma anche altri reati e abbiamo puntato molto sulla sensibilizzazione, sui giovani, sulla scuola, su iniziative visibili per rendere visibili i nostri scopi.

Ed oggi?

Dopo venti anni qual è la situazione in Italia e a Pachino?

Non è facile rispondere anche perché tante cose sono cambiate e alcune addirittura in peggio. – In effetti, dopo alcuni anni di lotta senza quartiere alle mafie, piano piano nel “palazzo” ricominciano a comparire delle ombre che speravamo fossero sparite, nascono dei gruppi politici discutibili, i funzionari e i politici più deboli ritornano a scendere a patti con la criminalità, la gente (ammaliata da trasmissioni che addormentano, che producono superficialità e che allontanano dalla realtà nonché ammaliata dai moderni mezzi di comunicazione che non fanno più … comunicare) abbassa la guardia, i valori un tempo più radicati perdono terreno.

Per farla breve, indico dapprima velocemente alcune delle cose che –secondo me- sono peggiorate, ma non dimenticando quelle che trasmettono speranza (che dirò alla conclusione).

Mentre nel ’92 avevamo un’economia discreta, oggi siamo in piena crisi finanziaria, che spinge le persone a badare solo al proprio orticello e non anche ai problemi di tutti;
mentre prima ogni Stato era più autosufficiente e sovrano, oggi la “globalizzazione del potere” ha sminuito la sovranità degli Stati, ha accresciuto il ruolo oppressivo della finanza, ha ridotto l’importanza dell’essere umano in quanto soggetto primario dell’interesse dei governanti, per cui la crescita viene subordinata ai conti da presentare al Fondo monetario internazionale;

i forti principi che hanno animato gli uomini e le donne del ’92 oggi sono sbiaditi e - se si combatte- lo si fa spesso per esigenze pecuniarie e difficilmente per ideologia;

nel ’92 tangentopoli (chiamata popolarmente “Mani pulite”) ha cercato di scoprire molti intrallazzi privati e pubblici (anche se poi si è resa conto che gli imbroglioni erano troppi e si trovavano in ogni ramo degli affari e degli enti e non solo a livello dirigenziale), oggi siamo forse a dei livelli ancora più alti (l’Italia purtroppo -da una indagine specifica- viene indicata tra le nazioni più corrotte del mondo [al 67° posto]) e -in più- manca in molti la vergogna nel comportarsi in un certo modo, in quanto –unitamente alla caduta dei valori- è avvenuto un decadimento della dignità umana;

anche oggi, come nel ’92, la politica (sia di destra che di sinistra) non riesce a capire, non riesce ad interpretare nella quotidianità il sentire dei propri elettori, non riesce a rimodularsi spinta dalle esigenze ormai improrogabili delle nuove sfide.

Questa difficoltà della politica si ripercuote anche nei processi, che diventano ancora più lunghi per mancanza di personale e per dei cavilli normativi e procedurali che ne frenano l’iter, anche se non dobbiamo né possiamo demordere, in quanto la denunzia rimane il mezzo più potente e veloce per liberare anche psicologicamente le vittime e fermare i delinquenti.

Come dicevo però, per fortuna, possiamo anche percepire dei segnali positivi, che ci spingono ad andare avanti con forza (come è scritto nella nostra targa) e a sperare in un futuro migliore.

Non sono molti questi segnali, ma sono significativi e basilari.

Così come nel 92 la gente era stanca delle false promesse di tanti politici e dei loro intrighi (pur non volendo mai generalizzare), anche oggi la gente è stufa di tutti gli imbrogli di cui ogni giorno sono piene le nostre cronache. – Le ultime votazioni sono il segno evidente dell’insofferenza della gente che pretende il cambiamento. Ma non un cambiamento di facciata, ma un cambiamento vero all’insegna della crescita, del rispetto verso i cittadini, della rivalutazione del lavoro, di una disparità (nei ruoli politici e dirigenziali) non più così profonda perché inaccettabile.

Questa reazione del popolo allora può paragonarsi alla rivolta culturale del ’68 e poi del ’92 e ad un’ulteriore presa di coscienza della gente, che chiede più giustizia e meno privilegi.

Anche se man mano alcune conquiste hanno perso forza, le leggi a favore delle vittime e contro la mafia rimangono ed è l’occasione giusta per rivalorizzarle e per potenziarle al fine di riprendere con la stessa determinazione la lotta contro il crimine.

Mentre nel 92, le istituzioni e le forze dell’ordine erano poco presenti se non addirittura assenti, per cui le vittime di mafia si trovavano praticamente sole, oggi questo clima è cambiato. Le Istituzioni ci sono (e la presenza di oggi ne è una testimonianza), le leggi esistono e devono diventare un nostro punto di riferimento, le forze dell’ordine sono sempre in prima fila e ci sono particolarmente vicine e le associazioni non lasciano le vittime sole, ma queste vengono sostenute, accompagnate, seguite.
Mentre prima denunziare poteva essere molto più rischioso, oggi denunziare conviene anche dal punto di vista economico e la vittima non si trova più sola; anzi è la criminalità ad essere sola (anche culturalmente) contro le istituzioni, le forze dell’ordine, le associazioni, una società civile che non giustifica più certi soprusi.

Pachino si può inserire in questo quadro contraddittorio, per cui -insieme ad aspetti negativi- anche qui si possono scorgere delle evoluzioni che danno fiducia. – La criminalità non è la stessa del 92, ha cambiato volto e collocazione, ma può essere sconfitta solo se la si affronta e se si denunziano i responsabili.

Una cosa è certa: noi tutti siamo immersi in questa situazione, ne siamo tutti interpellati e siamo tutti chiamati a rispondere con responsabilità.

Ciò significa che dobbiamo Impegnarci tutti, senza stupide deleghe, affinché la crisi di oggi non venga vissuta nella rassegnazione e nella depressione, ma diventi uno strumento di stimolo per riscoprire il valore della società, il valore del nostro essere cittadini, il valore di una dignità che non si vende davanti ad un caldo piatto di lenticchie; la crisi diventi uno strumento per superare insieme le difficoltà del momento, perché solo insieme si potrà vincere, solo insieme l’attuale incertezza potrà diventare sicurezza, l’attuale sofferenza e disagio potrà diventare benessere.

L’Apac è a disposizione di tutti coloro che vogliono contattarla. La nostra sede -come sapete- è in via N. Costa 87. Lì, affissi sulla porta d’ingresso, ci sono tutti i nostri recapiti. Se avete bisogno di noi, per un qualunque motivo, chiamateci e concorderemo un appuntamento..

Grazie e buon proseguimento.
Nino Gullotta
Pubblicata da: Corrado Modica il 28-05-2012 23:00 in Relazioni

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Corrado Modica
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