Rinascita e la crisi delle istituzioni politiche locali

RINASCITA E LA CRISI DELLE ISTITUZIONI POLITICHE LOCALI
Esprimeremo brevemente delle considerazioni sui commenti al nostro scritto del 15 c.m., senza far alcun riferimento alle persone che lo hanno gentilmente commentato, sì da evitare inutili e sterili personalizzazioni.
1 “…improbabili e impossibili Città etiche….” era solo un espediente linguistico, privo di qualsivoglia riferimento valoriale negativo all’attività dell’associazione “Città etica”.
Al di la dell’assonanza linguistica, semmai, chi è aduso al linguaggio filosofico, poteva leggervi una tacita polemica, meglio dire una presa di distanza, e al tempo stesso un ammonimento a diffidare della concezione etica e di tutti i suoi surrogati, secondo cui il compimento della morale individuale cioè l’eticità, risiederebbe nello Stato e i doveri assumerebbero “forma oggettiva nell’esistenza delle istituzioni etiche”.
Non c’era lo spazio per una disamina più articolata, che ci avrebbe condotto direttamente alle concezioni personalistiche del filosofo cattolico Maritain o quelle razionaliste-critiche di Karl Popper, per affermare come la teoria del primato dello stato sulla persona, cioè il rovesciamento del rapporto di sovraordinazione della persona sulla società, sia stata la causa principale delle tragedie del ventesimo secolo “l’arsenale concettuale dei moderni movimenti totalitari”.
2 Osserviamo come ci sembra non sia stato colto il nostro tentativo di dare esplicazione di ordine psico-sociale, della ricorsività (tre lunghi lustri) con cui modelli (in politica) relazionali e comunicativi patologici, stanno distruggendo l’idea stessa della politica come arte del confronto dialettico e della decisione. E avevamo accennato a vincoli epistemici, per sottolineare come rigidità di pensiero, ripetitività delle posizioni conflittuali (beghe, lotte personali, linciaggi morali di inaudita violenza, ecc.), idiosincrasia (intolleranza, insofferenza, fobia e avversione per l’avversario politico), siano divenuti gli unici connotati realmente osservabili di questa classe politica.
3 Se questo è il brackground, lo sfondo socio-culturale, la tesi che si vuole sostenere è un'altra, e non abbiamo timore di sostenerla, oggi in sede politica domani in sede storiografica). La tesi ci porta ad affermare che la causa principale della crisi delle istituzioni locali (peraltro ampiamente ammessa dagli stessi attori), è figlia del fallimento di quel progetto di rinnovamento intestato alla Chiesa Locale (anno 1993 nascita del “Movimento Rinascita di Pachino”), che è abortito proprio per quei vincoli epistemici di cui parlavamo prima.
Non si tratta di un accenno ripetuto, quasi intrigante, come erroneamente crede il nostro interlocutore, bensì del cuore stesso della brevissima analisi storico-politica. Si tratta di una ri-lettura della storia politica locale, dall’angolatura della storia della nascita, dello sviluppo, della maturità e del declino del Movimento Rinascita di Pachino e del blocco sociale di cui è espressione politica: le istituzioni ecclesiali e del volontariato locali.
È certo una “visione di parte”, ma è auspicabile che venga accettata senza idiosincrasie, così come si spera venga controbattuta con robuste argomentazioni.
Ed invero uno dei nostri interlocutori tenta di farlo, ma inconsapevolmente e inconsciamente, finisce per portare acqua nel campo avverso. Mentre cerca di irriderla con sterili argomentazioni, finisce per rilegare la sua posizione al rango di mera e semplice congettura, e per converso dà la sua personale legittimazione di scientificità alla tesi. E di questo siamo grati.
Avere sostenuto infatti, secondo i canoni della moderna epistemologia, la “falsificabilità” della nostra ricostruzione storico-politica, è la prova della scientificità della nostra teoria. Una teoria scientifica diventa tale, solo quando si presta ad essere falsificata, e la nostra è ritenuta falsificabile dal nostro valente interlocutore.
Dall’altra parte, però, egli non ha saputo trovare gli strumenti concettuali per falsificarla, è quindi la nostra ipotesi esplicativa, oggi, oltre che scientifica è anche valida, cioè l’unica che al momento può spiegare la crisi attuale del sistema politico locale.
4 Quale altra spiegazione viene proposta dal nostro interlocutore? Solo “accenni” ad alcune teorie che, difettando del criterio della falsificabilità, sono e restano semplici congetture.
Tali sono “le teorie”: “della litigiosità e della schizofrenia” della classe politica italiana, con le quali si pretenderebbe di spiegare tout court la schizofrenia di quella locale (difetto di auto-inganno); della “teoria dell’intrigo” (che ha tutto il sapore del delirio persecutorio); della “mentalità corrosiva e distruttrice” che avrebbe le sue radici nel contesto storico-istituzionale della prima repubblica (meccansismi di negazione e proiezione); della “crisi di discendenza politica” (?francamente incomprensibile).
Paradossalmente, nell’unico riferimento a fatti empiricamente verificabili, il nostro interlocutore decide ancora una volta di portare acqua al nostro mulino. Ci ripropone stancamente l’immagine tipica del politico locale che “pensa, ragiona e parla” entro quei limiti concettuali ormai inaccettabili. Infatti, in assenza di argomenti verificabili empiricamente, decide di attaccarci personalmente e senza alcun collegamento con il de quo, utilizzando anche una palese falsificazione dei fatti.
Nella visione della politica come democrazia dell’alternanza e non della consociazione, ci siamo trovati certo tra i “i più aspri avversari” del sindaco di allora (tra l’altro solo per un brevissimo periodo di tempo), e allora? L’aspra polemica politica, non ci fece mai perdere la trebisonda. Restammo fedeli, fino a quando ce lo consentirono (?), al nostro ruolo istituzionale di controllori, non partecipammo mai al balletto del do ut des, non fummo mai ondivaghi: ora a favore ora contro in ragione delle contingenze politiche e personali, ma soprattutto non firmammo ad un anno dall’elezione la Richiesta di referendum consultivo per la rimozione, non partecipammo mai alla coorte di quel sindaco né di altri sindaci.
Se la sente il nostro interlocutore di affermare che il Movimento Rinascita di Pachino seppe fare altrettanto? I fatti incontrovertibili comprovano che quel movimento fu tra i primi firmatari della Richiesta di referendum consultivo per la rimozione di Preziosi. Fu certo la prima ma non la sola firma. Altre ne seguirono, contro: Latino, Barone, Campisi. Fatti e non congetture!!!
5 In ultimo un ringraziamento ai gentili interlocutori. L’uno si dice compiaciuto delle nostre abilità di analisi e della nostra formazione culturale: non pensavamo di godere di tanta stima e lo ringraziamo; l’altro, invece, si dice ampiamente sorpreso per aver noi osato “abbozzare persino un libro su Rinascita”, e lo fa con riferimento a fantomatiche cessioni di materiali rintracciati e rintracciabili negli atti comunali. Evidentemente in Rinascita la sincerità è un opzional.
Il suo, peraltro legittimo giudizio, lo accettiamo come sprone a migliorarci. Ma anche qui le parole non possono però sostituirsi ai fatti. Libero di meravigliarsi, sa benissimo il nostro interlocutore cosa non facciamo (ad esempio i venditori di monili), cosa invece facciamo (con molta modestia certo, l’insegnante, con altrettanta il pedagogista e il neuropsicologo), e nei ritagli di tempo ci dilettiamo anche di scrivere delle nostre ricerche. Conosce bene la nostra passione per le posizioni teoretiche del personalismo cattolico in filosofia e pedagogia, e sa benissimo che sono oggetto di nostre riflessioni e ricerche, in due diversi saggi: l’uno, Don Dilani prete e maestro già pubblicato a nostre spese per le edizioni Urso di Avola, l’altro, Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin, giace nel cassetto da ben tre anni e auspichiamo venga pubblicato (come per tutti gli altri con il concorso pubblico) quando il nostro interlocutore si adopererà per far rimuovere il veto sulle nostre pubblicazioni messo dai suoi compagni di partito.
Per il terzo, quello di cui si sbalordiva l’interlocutore, per ora si accontenti del solo titolo: “Storia di un inganno: Il Movimento “Rinascita di Pachino”. Tre lustri (1992-2006) di vita politica locale”. Converrà il nostro che per scrivere di storia è necessaria una lunga sedimentazione.
Chiudiamo con l’auspicio che Città Etica e Pachino Globale accolgano l’invito del nostro interlocutore a organizzare dei momenti di riflessione e di studio sulla nostra storia politica recente. Dichiarando fin da ora la nostra modesta adesione all’iniziativa
inviamo cordiali saluti
Dott. Nello Lupo
Pubblicata da: Nello Lupo il 18-08-2007 22:52 in Approfondimenti

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Iniziamo a sgomberare il campo da qualche inesattezza.
Non ho mai affermato di aver fornito al dott. Lupo del materiale: ho semplicemente detto che lui me l'ha chiesto e, d'altra parte, come da mio suggerimento, egli ha esplicitamente riferito di averne prelevato parte dal sito di Rinascita.
Nè ho mai detto d'essere rimasto "sbalordito" dal suo libro in itinere, avendomene egli più volte parlato: non a caso ne ho fatto accenno io, prima di lui, proprio qui.
Questo, per il dovuto rispetto alla sincerità "mia" che egli però diluisce -assai significativamente- in quella di Rinascita, quasi che siano la stessa cosa, in barba ad ogni "personalismo".
In secondo luogo, il dott. Lupo addebita a Rinascita anche la mozione sfiducia a Latino, sebbene essa non sia stata nè firmata nè votata da nessuno dei consiglieri del movimento all'epoca.
Non farò certo, tuttavia, una ricerca psicanalitica -quale quella che egli, non richiesto di un consulto, ha inteso fare sulla scorta dei miei contributi al suo scritto- per cercare di captare cosa si possa nascondere dietro questi due passaggi del suo ultimo commento.
Tengo troppo, infatti, oltre che al rispetto della mia professionalità (che non è quella rispettata di "venditore di monili", alla quale Lupo, per quella che voglio sperare sia una bizzarra coincidenza, accenna) e di quella altrui per farlo.
E tengo nel dovuto conto l'esempio di una brava persona, abile e quotato psicologo ed appassionato politico -Tonino Solarino, già Sindaco di Ragusa- che, dovendo spiegare le ragioni di tanti avvenimenti politici, non ha mai voluto confondere i due piani.
Dunque -per venire al merito- io mi sarei auto-ingannato accennando al fatto che non si litiga solo a Pachino, ma anche -oltre che nella nazione- a Rosolini e a Noto: giudichi il lettore se -aldilà dell'accenno che non voleva essere affatto "consolatorio"- così è o non è nella realtà.
Mi sarei poi costruito una "teoria dell'intrigo" (per la verità, un giochino retorico del dott. Lupo) solo perchè ho detto che la storia di Rinascita lo "intriga": preciso meglio, non è lui che "intriga", che manovra fili e matasse, ma è il soggetto ad interessarlo così tanto da volerci scrivere (al pari di Mounier e di Don Milani, poi, quale onore!) un libro che egli titola "storia di un inganno", lasciando intendere che dietro Rinascita ci sarebbe macchinazione. Siamo di fronte, quindi, ad una "teoria dell'intrigo" in divenire?
Quanto ai "meccanismi di protezione" che avrei incosciamente messo in moto accennando alla litigiosità della Prima Repubblica, credo si tratti anche qui di un fatto incontrovertibile (peraltro, e proprio per non scadere nel personalismo che egli voleva -a parole- evitare, non ho fatto alcun accenno alla circostanza che anche lui è stato consigliere comunale in quell'epoca): a meno di non voler considerare la storia degli ultimi quindici anni come un fatto completamente slegato da quello che era il clima politico, culturale e sociale immediatamente precedente, nonostante i protagonisti siano stati in buona parte gli stessi.
Infine, Lupo dice di non capire di cosa stia parlando quando accenno, per Giovanni Giuca e il suo -spero temporaneo- lascito politico ("discendenza"): ma non è lui ad accennare all'inesistenza di una nuova classe dirigente, alle scuole di partito del caro buon vecchio tempo andato? Credo di aver capito così (e, infatti, il tema è stato pure ripreso da Turi Borgh), ma lui "non capisce", forse perchè non è riuscito ad incasellare questo accenno in nessuna delle sue definizioni delle nevrosi psicoanalitico-politiche.
Nè mi sono mai sognato (oltre che di attaccarlo personalmente, suscitando una esibizione dei suoi titoli professionali ed accademici che, peraltro, ben conosco ed apprezzo), inoltre, di criticare la legittima contrarietà di Lupo a Preziosi durante la sua sindacatura.
Mi sembra però significativo, realtà storica per realtà storica, ricordare che più volte venne offerto a Rinascita di entrare nell'amministrazione Preziosi e che, coerentemente, Rinascita ciò non volle fare se non in cambio di una variazione di indirizzo programmatico dell'amministrazione (cosa che, coerentemente e legittimamente, Preziosi si rifiutò di fare): se poi votare qualche punto nell'interesse del Paese e nell'impossibilità pratica -con quel sistema- di destituire un sindaco privo di maggioranza consiliare, significa essere "ondivaghi" lascio ai lettori giudicarlo.
E' comunque la riprova -in tempi, come questi, in cui gli assessorati sono fatti oggetto di "bandi" d'offerta pubblicati sui giornali, ed assieme ad altre più recenti prove di rinuncia ai posti di governo in vista della chiarezza e della solidità politica- che "non partecipammo mai al balletto del do ut des ... ora a favore ora contro in ragione delle contingenze politiche e personali".
Molto altro ci sarebbe da dire (per che no? anche suglie errori o sulle derive di Rinascita: dopo la caduta di Barone abbiamo fatto autocritica, con un volantino, come mi pare nessuno abbia fatto) e molte altre domande ci sarebbero da porre (ad esempio, perchè non occuparsi politicamente e storicamente degli anni della sindacatura Adamo e farlo anche per quelle successive: può la morte del povero Mauro costituire un così potente deterrente politico e storigrafico? oppure si vuole omettere che -prima che soggetti attivi di questa nevrosi collettiva della quale saremmo (cur ego!) affetti- gli uomini che hanno guidato Rinascita sono stati anche vittime di un clima di veleni che allora si manifestò in modo violento e sotto le più svariate forme?): lo spazio richiesto sarebbe troppo.
Lancio per concludere, una domanda in tema al titolo del commento principale ed una piccola constatazione su Città Etica, cui Nello Lupo accenna rispondendo a Giancarlo Barone.
Vogliamo chiederci perchè a Pachino, come altrove (escludendo quel soggetto politico di Alleanza Democratica a Rosolini), non siano nate realtà -siano esse partitiche o di movimento- durature e longeve come Rinascita in grado di contrastarla o soppiantarla (o, magari, di collaborarla)? Mi raccomando, però, non sono ammesse risposte alla Dan Brown, quasi che Rinascita sia come l'Opus Dei (deformata e calunniata) del suo più conosciuto romanzo...
Infine Città Etica: bisogna cogliere, qualche volta, pure il buono delle cose.
Se è vero che -come hanno evidenziato Popper e come una Chiesa tragicamente inascoltata ben prima di lui- la percezione dello Stato sovraordinato all'individuo ha generato i mostri totalitari del secolo scorso, è anche vero che l'individualismo nichilista e solipsistico che costituisce la reazione al crollo delle ideologie sta alimentando il concetto opposto della razzìa, in funzione privatistica e del narcisismo del potere fine a sè stesso, delle istituzioni.
Anche io, francamente, diffido dello Stato etico, dell'imposizione della norma morale a suon di leggi che oggi genera la devastante confusione fra la prima e le seconde.
Ma mi chiedo se non sia giusto che esistano gruppi omogenei, lungi dal voler dettare od imporre modelli comportamentali, ma propensi a riproporli come condizione minima dell'agire pubblico, della possibilità stessa per il cittadino di potersi fidare di chi ci rappresenta.
Do a questa domanda una risposta positiva e non solo per ragioni di pluralismo o di legami con chi opera in Città Etica, ma perchè quest'ultima cerca di rispondere, a suo modo, ad un bisogno che tutti sentiamo: quello che il nostro agire nel tempo, il nostro vivere, possa avere una dimensione pubblica degna di questo nome.
Cordialità
Sebastiano Mallia