Cosa impedisce a Pachino di essere normale?

Cosa impedisce a Pachino di essere normale? Mi risulta che è convocato per i prossimi giorni l’ennesimo Consiglio Comunale con all’ordine del giorno, tra gli altri argomenti, la nomina del nuovo Difensore Civico e del nuovo Collegio dei Revisori.

Quest’ultima occupa un posto negli o.d.g. consiliari da appena un mese e mezzo ovvero da quando ne è scaduto il mandato ad inizio luglio, mentre la nomina del difensore civico fa bella mostra di se ad ogni nuovo o.d.g. consiliare da circa (non credo di sbagliarmi di molto) due anni.
Tanto è il tempo da quando è scaduto il mandato dell’attuale difensore civico.
Un tempo scandalosamente lungo!
E per che cosa? Perché non esiste a Pachino e dintorni un professionista qualificato a ricoprire la carica? Perché tra maggioranza ed opposizione non si trova uno straccio di convergenza su un nome condiviso? Perché forse il difensore civico deve essere “targato” e con caratteristiche che siano gradite a chi ritiene di dover mostrare di essere politicamente più muscoloso?
E se questo viene fatto per una funzione tecnica direttamente destinata al servizio della collettività (ovvero ad amministrare giustizia e quindi con scarso rilievo “politico”), quale è il difensore civico, figuriamoci quale sarà il braccio di ferro che si produrrà in Consiglio sulla nomina dei revisori che intanto sono numericamente di più (tre) e pertanto generano inevitabilmente maggiore appetito, e che, nella perversa fantasia dei politici locali, devono essere per forza targati o espressione di gruppi politici in modo da poter tirarne la giacchetta dei pareri tecnici espressi a destra o a manca come ci confermano le isteriche manifestazioni di questi giorni (mirabolanti esposti alla procura della repubblica ed ai più svariati organi superiori per il parere sul bilancio).
E tutto questo a vantaggio di chi?
Non certo della collettività.
Ho in mente un po’ di slogan elettorali di diversi fra quanti siedono oggi in Consiglio Comunale.
Tutti a spendersi e ad impegnarsi con bellissime parole sui sacrosanti interessi dei Pachinesi da tutelare.
Ebbene signori Consiglieri la nomina del Difensore Civico e quella del Collegio dei Revisori è un preciso interesse dei cittadini di Pachino che vi invito formalmente a tutelare.
Oltretutto le nomine in questione sono una precisa prerogativa dell’organo consiliare.
Già Pachino patisce una Amministrazione Comunale gravemente carente sotto ogni profilo amministrativo.
Ricordo, a questo proposito, che il problema dell’approvvigionamento idrico nelle zone centrali è diventato un fatto endemico che non fa neanche più notizia ed è solo una fra le tantissime magagne, ognuna delle quali sarebbe sicuramente più degna di esposti alla Procura.
Ricordo ancora che questa amministrazione, a fronte della totale indisponibilità di risorse economiche (che non ha reperito) per programmare qualunque iniziativa durante un estate che ha visto ingenti flussi turistici accolti solo dalla buona volontà di singoli operatori economici ed associazioni private, è riuscita a negare il patrocinio gratuito (ovvero senza spese) ad una manifestazione che promozionava Pachino e Marzamemi.
Sull’Amministrazione si può ormai citare una valanga di esempi di disamministrazione.
Se a questo dobbiamo aggiungere un Consiglio Comunale che (apparentemente) ritiene sua unica funzione quella di frazionarsi fra una difesa ad oltranza di una indifendibile amministrazione e velleitari ed inconcludenti tentativi di sfiducia alla stessa amministrazione, ecco servita la tutela dei sacrosanti interessi dei cittadini di Pachino.

p.s. Con ogni probabilità ci saranno fini esperti in strategia politica, fra quelli, per intenderci, che stazionano abitualmente nella nostra Piazza (montecitorio), che mi tacceranno di populismo e di qualunquismo ma il problema politico vero è che a Pachino ormai si pratica solo il “ridicolismo”.

Cordialmente.
Giancarlo Barone
Pubblicata da: Giancarlo Barone il 26-08-2008 12:16 in Opinioni

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Il graffiante ed azzeccato commento del "padrone di casa" non poteva certo lasciarmi indifferente, perchè sono da tempo convinto che il cuore del problema -a Pachino come altrove- riposi esattamente in questi nostri tempi.

Con ciò, lo dico chiaramente, non voglio sfuggire dall'analisi delle responsabilità individuali, sociali e politiche di questo o di talaltro (incluse le mie), con particolare riguardo alla politica pachinese.

Nè -tanto meno- intendo abbandonarmi ad improbabili analisi sociologiche od antropologiche: perchè non mi competono e perchè, appunto, potrebbero risultare fuorvianti.

Tuttavia è indiscutibile, a Pachino più che mai, che ha pesato e pesa sempre di più il problema della mentalità (quella di cui Corrado Modica coglie gli effetti, non molto dissimili o distinguibili dalle cause), con i suoi inevitabili corollari.

Sarebbe troppo facile -e monotono...- ribadire che soffriamo di individualismo.

E' quanto connota la tipologia pachinese, siciliana, italiana e, direi (senza troppo allontanarmi dalla realtà) quella ... umana!

Il punto è come, oggi, possiamo declinare questo individualismo, da quali tratti "compulsivi" esso è caratterizzato rispetto al passato, come questi tratti si riversano nella politica, condizionandola.

Butto lì alcuni spunti.

1. Anzitutto, partiamo dall'atrofizzarsi, fino quasi a sparire, della dimensione pubblica.

Quando dico "pubblica" non intendo, peraltro, solo quella politico-istituzionale, dove gli effetti del problema sono ben visibili.

Mi riferisco piuttosto al sentirsi parte di una comunità in misura tale da essere disposti a sacrificare un po' di sè stessi (dal tempo, ai pensieri, fino al estremo opposto delle proprie finanze) affinchè questa dimensione possa raggiungere livelli tali da garantire una qualche ricaduta positiva per tutti.

Può sembrare banale e scontato, altresì, dire che questa dimensione è ineliminabile nell'uomo, salvo poi scoprire (soprattutto a Pachino), che la maggioranza sembra aver deciso di farne completamente a meno: non è così, se si guarda in profondità.

Tutti riconosciamo che -solo per guardare alle istituzioni- è fondamentale che esse funzionino bene: orbene non è questo un sintomo che, sebbene sepolta sotto le più disparate "sabbie" (il lavoro, il denaro, il divertimento e, perchè no?, il potere, elevati ad idoli assoluti), la nostra dimensione pubblica continua ad esistere ed a reclamare il suo spazio?

Anche quelli che se ne stanno alla larga, in fondo, lo fanno per un motivo "politico" o "sociale", per una critica o un rigetto di quello che -affermano- non va.

Ma il punto è capire se la soluzione (rifugiarsi nel privato o, peggio, elevare quest'ultimo a fine del proprio agire pubblico) non sia peggiore rispetto al male...

2. E, in questo, debbo riconoscerlo (assieme, peraltro, a due autorevoli esponenti del governo che ho voluto con il mio voto, oltre che del partito al quale appartengo), c'è una responsabilità anche di certo liberismo politico tramutatosi -come direbbe Giulio Tremonti- in "mercatismo", in ideologia pragmatica e di massa ma perversa, proprio perchè informa di sè -in un'ottica cioè di puro scambio- tutti i rapporti sociali ed umani.

Se tutto è scambio, infatti, la dimensione pubblica finisce per atrofizzarsi perchè, in accordo con la dottrina sociale della Chiesa (e non solo, anche nella comune esperienza), questa dimensione non può fare a meno di una dose sufficiente di gratuità e di disinteresse.

3. Di una simile logica patisce l'educazione e la formazione.

Lungi da me lanciare accuse (peraltro assai poco efficaci se non controproducenti), ma concordo con il ministro Gelmini quando afferma che la scuola sembra diventata per molti aspetti un "parcheggio" per i ragazzi e per i giovani.

Salvo, poi, adottare "rimedi" abbastanza superficiali e "di sistema", come quelli dei quali si discute oggi sui giornali.

Il tutto, senza dimenticare che l'aspetto educativo non è certo demandato solo alla scuola: una simile idea è ben lontana dal convincimento che il pubblico debba andare ben aldilà dell' "istituzionale".

Per venire a Pachino, si ha l'impressione che la cultura (intesa come capacità di saper leggere la realtà, qualsivoglia essa sia: politica, sociale, artistica, religiosa, ecc.) sia un'inutile perdita di tempo, spostando energie ed interessi verso obiettivi sterili da ciò che davvero conta (mercatismo docet).

E così -appunto in un'ottica mercatista- la valorizzazione del bene culturale ed ambientale è doverosa solo nella prospettiva di potervi lucrare qualcosa.

Attenzione: lungi da me l'idea di affiancarmi ai "puri e duri" della conservazione (ad uso di pochi) del bene culturale o ambientale, con la scusa di preservarlo; e lungi da me l'idea (assai poco cattolica) di respingere sdegnato il pullulare di botteghe di souvenirs come di chioschi a mare.

Ma bisogna anche capire che il bene culturale è fondamentale anche -se non soprattutto-in funzione della consapevolezza di sè come popolo (appunto, come comunità), che spesso si cela dietro la sua storia.

Al di là di questo, resta sul terreno la certezza che un popolo senza cultura è destinato a non avere alcun futuro, ovvero ad avere un futuro gramo, anonimo, devitalizzato.

E chiudo qui, chiedendo scusa se lo faccio bruscamente per essermi troppo dilungato, uscendo fuori da un tema che mi sta troppo a cuore perchè potessi ritenere -sbagliando- di starmene solamente a pensarci sopra.

Con minore appartatezza,
Sebastiano Mallia
Ribadisco di non conoscere le cause di questa difficoltà, molto pachinese, ma abbastanza diffusa nel resto del bel paese. Certo da noi si raggiungono vette, oserei dire, liriche di balordo individualismo, tuttavia evidenzio un modo di fare, che certo non scopro io, che è l'effetto di questo male oscuro (!).
Il problema grosso della città di Pachino è che il sentimento generale dei suoi abitanti è l'indifferenza. In tutti i sensi e in tutte le salse. E in politica, questa indifferenza la paghiamo tutti.
Devo anche dire che, forse, questo modo di vivere, questo stato d'animo, non è una novità per il cittadino moderno e allora, ricordando una figura gigantesca della letteratura e della politica italiana, mai tanto dimenticata, vi ripropongo una sua riflessione sugli indifferenti:

“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.

L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera.
È la fatalità;
è ciò su cui non si può contare;
è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti;
è la materia bruta che strozza l’intelligenza.

Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare.

Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente.
Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?

Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti.
Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.

Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano.

Vivo, sono partigiano.

Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.

Antonio Gramsci, 11 febbraio 1917
i politici: antropologicamente tutti gli stessi

cosi pensa la massa sovrana....

Se non si conosce...la realtà in cui si vive, specialmente per un presunto politico, senza il marchio dell'elezione da parte dei cittadini...dopo una serie sostanziosa di tentativi e dopo circa quindic'anni di falliti tentativi sono affari che lo riguardano...personalmente...
Ma dovrebbe questo fatto, per contrappasso d'annunziano, fare scattare una campanellina cervicale per far sentire e capire a tutti che con soggetti di questa risma non possono dare nulla a questa comunità...

Forse gli conviene farsi un viaggetto...cosi da lontano senza il capestro ambientale condizionatore ..avrà la capacità di saper guardare quello che tutti, anche i neonati, respirano come brodo primordiale...
Partigiano di una parte che ha tradito la storia...E lo stesso Gramsci, per le sue verità rivoluzionarie venne lasciato crepare dentro un carcere...
Togliatti docet...
Nel caso anomalo pachinese...
si possono citare decine di nomi di gente che voleva fare politica ed è stata allontanata per lo più con intimidazioni personali e alzate di sedie in dolce volo hahahahahahahahahah
Gramsci, che qualcuno, senza conoscerlo, cita per spandere, come concime nelle serre, odio: non temeva che qualcuno gli prendesse il posto...

Cosa che invece è accaduta al signor Fantomas ...prima in combutta con Pippobaudo alias Nofrio Conti.....e poi battuto da una democratica votazione....si ritrova soggetto che prima teme che qualcun altro, com'è successo, e in anonimo, attacca...per denigrare la volontà politica del prossimo...

Certe persone che usano le citazioni per irrorare odio...dovrebbero fare una serio esame di coscienza..Ma per farlo bisogna avere una coscienza...
Sistemare le mogli nel posto più vicino a casa propria chiedendo ad altri partigiani frontisti, hahahahahahahah un obolo per se stesso( On. Leontini) ...fà venire meno tutte queste cabasisate della anormalità..
Siete consociati al gioco delle parti..e naturalmente come sempre "cu anghagghia un puorcu è suo....
Vedi pinocchio....hahahahahahahhahah
che poi era la contraddizione di cui Marco Caruso chiedeva giustamente conto...
Cascami di una società in continuo divenire che battuti dalla storia....si imbellettano con parole scritte da altri per perpetrare e continare con il soffocamento di ogni alito di iniziativa politica individuale...
Se pensate di potere utilizzare Pachinoglobale.net per lanciare messaggi trasversali sulla grande difficoltà che trovate ad essere gente normale e non fameelici accaparratori di posti... siete i benvenuti...
Tuttavia non sappiamo che farcene delle vostre diatribe interne..fatte simbolicamente con scimitarre sguainate ..all'interno del nascente,si fà per prendere per i fondelli, PD...
Come avete dimostrato alle ultime elezioni provinciali..Una penosa scenata...e lotta tra elementi partigiani che persero la guerra....
C'è da dire che se non fosse stato per la modifica della legge... a livello nazionale in Sicilia si sarebbe ripetuto il 61 a zero del 2001...

Partigiani di tutto il mondo..date retta: andatevene a casa e non anghariate con le vostre menate le nuove generazioni di Pachino...

saluti normali, Spiros