Web 2.0: i nuovi miliardari della rete

Web 2.0: i nuovi miliardari della rete di Marco De Martino

Sono giovani, ricchi e tecnologici. Hanno fondato siti internet quasi per scherzo puntando sulla creazione di comunità virtuali di persone. Adesso le loro creature fanno gola a big come Google e Yahoo!. Pronte a pagarle centinaia di milioni di dollari

Epicentro della nuova rivoluzione è ancora il campus dell'Università di Stanford a Palo Alto, circa 50 chilometri a sud di San Francisco. Ma invece di una roulotte come quella che ospitava Jerry Yang e David Filo, che nel 1994 lì fondarono Yahoo!, la nuova razza padrona della rete ora ha a disposizione una palazzina elegante come il William Gates computer science donato dall'ex alunno fondatore della Microsoft.
«Ci sono molti miliardari a studiare lì dentro» avverte Jawed Karim, e nessuno lo sa meglio di lui. A 27 anni infatti Karim è già stato reso ricco due volte dal Web.

La prima volta è successo nel 2002, quando la eBay ha comprato la Paypal, di cui Karim è stato uno dei primi dipendenti. Allora nelle sue tasche finirono circa 10 milioni di dollari, un'inezia rispetto a quanto sta per incassare ora che la Google ha comprato per 1,65 miliardi l'azienda di cui è stato cofondatore, la YouTube.
Fu lui a filmare il primo video sul sito che ora riceve 65 mila nuovi filmati ogni giorno, e che secondo alcuni rappresenta il futuro della televisione. Ma poi Karim decise di tornare a studiare lasciando che a gestire l'azienda fossero gli altri due fondatori, il trentenne Chad Hurley e Steven Chen, che di anni ne ha 29.

Ora sono loro ad accogliere i visitatori della YouTube ridacchiando in un video di ringraziamento, quasi demenziale per due neomiliardari. Anche Karim ringrazia, a modo suo: «La verità è che voglio fare il professore. Per creare altri siti c'è sempre tempo».
Benvenuti nel mondo dei nuovi ricchi creati dalla seconda corsa all'oro di internet. A differenza di quel che accadeva ai pionieri della rete che li hanno preceduti, ai nuovi tecnocrati non basta presentare un business plan per ricevere una pioggia di miliardi: dopo il crollo della new economy a Wall Street per attirare l'interesse degli investitori bisogna creare un'azienda che generi profitti.

Ma non è mai stato più facile di adesso che a trainare il boom sono le aziende di Web 2.0, come nella Silicon valley vengono chiamati i siti di maggiore successo sulla rete, quelli i cui contenuti sono fatti da chi li visita.
Creare una comunità è il vero imperativo di chi vuole avere successo su internet. Ad attirare i visitatori non è più la Britannica online ma la Wikipedia, enciclopedia scritta dai naviganti.
Non l'agenzia di viaggio Expedia ma Farecast.com, in cui i computer suggeriscono qual è il momento migliore per comprare biglietti aerei a prezzi scontati. Invece della Cnn.com gli aggregatori di news come Digg.

E soprattutto al posto della DoubleClick, la concessionaria pubblicitaria degli albori di internet, ora c'è l'agenzia AdSense della Google, che permette a ogni sito di fatturare non sulla base di quanti vedono un annuncio ma del numero dei clic su pubblicità sempre più mirate.
Il primo miliardario creato da questo nuovo sistema è stato Tom Anderson, 29 anni, che insieme a Chris DeWolfe ha fondato la Myspace nel luglio 2003 per rivenderlo alla News Corporation di Rupert Murdoch l'anno scorso. Quando il tycoon autraliano comprò il sito per 580 milioni di dollari, qualcuno disse che l'aveva sopravvalutato.

Ma dopo che la Google ha messo sul piatto 950 milioni di dollari solo per essere la concessionaria esclusiva per la pubblicità sul network, è stato chiaro il fiuto per gli affari di Murdoch: secondo alcuni analisti il vero valore dei 108 milioni di membri che passano il giorno sul sito della MySpace è di 3 miliardi di dollari.
Certo è che la mossa della Google ha fatto schizzare le quotazioni degli altri social network, come vengono chiamati questi siti: ora la Yahoo! si dice interessata alla Facebook, per cui sarebbe disponibile a offrire 1 miliardo di dollari.
Fonte: Panorama.it il 26-10-2006 - Categoria: Curiosità

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