Vino Made in Italy, leader nel mercato USA

Il made in Italy copre il 30% delle importazioni

Il vino made in Italy consolida la leadership nel grande mercato degli Stati Uniti, superando per il secondo anno consecutivo i prodotti francesi, che recuperano solo in parte lo scivolone fatto registrare l'anno scorso (-20%).
´Negli Stati Uniti è aumentato del 10,3% il valore delle importazioni di vini italiani, davanti ai produttori francesi, che incrementano la propria presenza con un +7,5% in valore, mentre gli australiani arrestano la tumultuosa crescita e, per la prima volta dopo anni, presentano un trend negativo di mercato con un -0,2%', spiega la Coldiretti nel sottolineare che, in controtendenza con i dati generali sul commercio estero ad aprile divulgati dall'Istat il vino italiano, nel primo quadrimestre del 2005, registra un buon risultato negli States sulla base delle elaborazioni Ismea sui dati del dipartimento del commercio statunitense.

´Il vino made in Italy', aggiunge Luigi Mainetti, responsabile del settore vitivinicolo della Coldiretti, ´copre nel 2005 una quota di circa il 30% del valore dei vini importati seguito dal 28% della Francia e dal 23% dell'Australia. Un risultato incoraggiante per la principale voce dell'export dell'industria agroalimentare nazionale, che trova negli Stati Uniti il primo mercato extracomunitario di sbocco con un quarto del valore delle esportazioni di vino made in Italy. Le esportazioni nazionali di vino sul mercato statunitense potrebbero peraltro raddoppiare', sottolinea Mainetti, ´se dagli accordi sul commercio internazionale nell'ambito del Wto venisse anche un chiaro segnale di stop alla vinopirateria e al falso made in Italy.

Inoltre, occorre sottolineare come le bottiglie di vino italiane hanno scontato, come gran parte dei prodotti europei, la rivalutazione dell'euro rispetto al dollaro. A mio parere', continua Mainetti, ´le aziende italiane e in particolare i consorzi di tutela hanno raccolto i risultati di un grande lavoro di informazione sulla qualità del vino e del forte legame con il territorio di origine. Abbiamo trovato la maniera di far conoscere e valorizzare i prodotti made in Italy al consumatore statunitense. Non vorrei parlare dei concorrenti francesi, ma bisogna dire che non sono stati altrettanto efficaci come i viticoltori italiani e si sono cullati un po' troppo sugli allori. Adesso i vini di alta qualità sono tanti e provenienti da diversi paesi come la lontana Australia.

La Francia ha addirittura chiesto e ottenuto a maggio dall'Ue di poter avviare alla distillazione oltre 1,5 milioni di ettolitri di vino Vqprd, in quanto non riescono a smaltire le scorte. Gli italiani devono imparare da questa lezione', rimarca Mainetti, ´che per restare ai vertici del mercato internazionale sono necessari un perfezionamento continuo e una ricerca sui cambiamenti di gusti e abitudini dei consumatori'.

Un altro fronte ancora aperto è quello della contraffazione dei marchi italiani più conosciuti. Secondo una recente indagine solo negli Stati Uniti il mercato dei vini di imitazione del made in Italy è infatti quasi uguale a quello delle nostre esportazioni e in altre parole ´è falsa una bottiglia su due e non è quindi difficile scontrarsi con curiose bottiglie di Chianti, Sangiovese, Refosco e Barbera anche rosé, Barolo e Super Piemontese prodotti in California ma anche Moscato e Malvasia, con Doc californiane Napa valley o Sonoma county', dicono alla Coldiretti.

In realtà, sono ancora numerosi i paesi dove è possibile spacciare vini locali come italiani. A essere più imitati sono i vini come il Chianti, il Lambrusco, il Marsala e la Grappa.

L'Italia, comunque, è il secondo paese produttore di vino in Europa con 51 milioni di ettolitri prodotti nel 2004, dei quali 24,6 di vini bianchi e 26,3 rossi o rosati, e può contare su un inimitabile patrimonio di 453 vini Docg, Doc e Igt, che rappresentano il 60% della produzione nazionale di vino. Il settore genera un fatturato complessivo di circa 8,5 miliardi di euro.
Fonte: Greenplanet.net/Italia Oggi il 21-06-2005 - Categoria: Economia

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