Una barriera da proteggere: la posidonia oceanica che caratterizza i nostri fondali a rischio per l'inquinamento

La «posidonia oceanica», erroneamente considerata da molti una semplice alga, potrebbe contribuire alla rinascita dell'agricoltura biologica e contrastare il progressivo insabbiamento dei fondali del nostro mare. Lo sostiene il docente universitario Giovanni Randazzo, cattedratico di Geologia ambientale all'Università di Messina e il siracusano Marco Gallitto, geologo impegnato nell'analisi territoriale.
«E' una pianta che vive fino a trenta metri di profondità - spiega Randazzo - ed è caratterizzata da foglie verdi a nastro, che unite in fasci formano estese praterie, colonizzando i fondi sabbiosi ai quali aderisce sviluppando robusti rizomi».
I litorali di Siracusa sono caratterizzati da questo endemismo, che se favorito porterebbe a dei miglioramenti ecosistemici. «I rizomi - dice Randazzo - crescendo verso l'alto, contrastano il progressivo insabbiamento dei fondali dando origine a terrazzamenti che possono raggiungere lo spessore di diversi metri». Ma a insidiare la posidonia, quindi il naturale idrodinamismo della nostra area, è l'inquinamento. «La posidonia deperisce a causa dell'inquinamento trasportato dai corsi d'acqua che convogliano a mare sia gli inquinanti provenienti dalle zone più interne, sia tutto quello che è legato agli scarichi degli agglomerati turistici costieri, spesso non serviti da un adeguato sistema di depurazione e diffusione in profondità». Ad ampliare il quadro delle minacce contro la natura, secondo i ricercatori, anche la pesca a strascico: «Il raschiamento provocato dalle ancore - prosegue Giovanni Randazzo - nonché la costruzione di opere costiere come porti, barriere frangiflutti, possono portare alla totale scomparsa delle praterie a causa dell'azione diretta di scavo e ricoprimento, e per la conseguente torbidità che impedisce la penetrazione della luce».

Un processo involutivo, questo, che porta alla formazione di imponenti pacchi di fogliame i quali, nella normativa italiana, sono considerati alla stessa stregua di rifiuti solidi urbani e sottoposti a obbligatorio smaltimento in discarica. «La rimozione obbligatoria - conclude il docente - è spesso tempisticamente determinata anche da specifiche richieste locali, ma sarebbe utile che ciò avvenisse in particolari periodi dell'anno, ad esempio a fine primavera, per meglio sfruttare la funzione protettiva passiva del deposito». Senza trascurare l'uso che se ne potrebbe fare: «Già, questa pianta è stata usata come materiale da imballaggio, come isolante termico o come concime per colture - ricorda Randazzo - oltre che per la produzione di biogas. Se si continuerà nell'incuria dell'ecosistema si verificheranno risultati irreversibili: sarebbe utile quindi monitorare le zone dove ancora esiste per evitare l'immissione di altri inquinanti. La politica, poi, dovrebbe assumersi l'onere di ricollocare le foglie di posidonia sotto un'altra categoria di rifiuti per evitare la sua rimozione affrettata». Indispensabile la tutela di questo rizoma anche per il ricercatore Marco Gallitto. «La pianta contribuisce all'ossigenazione delle acque, funge da sito di rifugio per larve e pesci - osserva - inoltre fornisce il substrato per lo sviluppo di molta fauna bentonica. Per questo motivo bisogna tenere d'occhio la Penisola della Maddalena, la zona dell'Arenella, Fontane Bianche e i litorali di Pachino».

roberto rubino
Fonte: LaSicilia.it il 01-06-2005 - Categoria: Cronaca

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Poseidonia oceanica a Porto Ulisse


Dal primo aprile 1969,con mio cugino Andrea, ricordandomi di una immagine che mi era rimasta dal ricordo di qualche estate prima frequentando la spiaggia di Raneddi. Che era questa "Quella mattina,arrivando in spiaggia verso le 10.00, seppi dalle ragazze,Stefy ed altri che Salvo,Elio,Salvatore,erano andati a pescare cocci a Porto Ulisse. Utilizzando l'attrezzatura che avevo appositamente acquistato avevo iniziato a fare ricognizioni subaquee. All'inzio avevo anche un fucile subaqueo, ma in verita l'ho usato pochissimo.Non mi andava di andare a zonzo sotto acqua alla ricerca di pesci e basta.Mi piaceva e mi piace scrutare i fondali, cercare.Fu cosi che ,da quella data, iniziammo a frequentare da, Aprile a Ottobre la baia di Portoulisse, almeno una volta alla settimana. Andavamo in apnea sui fondali bassi della baia.H. max 3.00 mt. Dove, a zone basse completamente ricoperte di materiale ,cocci, di anfore,piatti,bicchieri,pentole,vassoi,anfore di vari profili,cocciame vario in cotto,legname e fasciame in legno,travi in legno,materiale lapideo di varia fattura,cocci in arenaria con parti lavorate completamente ricoperte da incrostazioni calcaree,erano e sono,credo?, intervallate da ampie zone, completamente, ricoperte di posidonia oceanica. Zone vaste,forse profonde, e all'inizio, non conoscendo la dimensione e la profondità del banco, ci si girava attorno per capire la dimensione della piantaggione spontanea. Poi una volta avuta una certa familiarità con le dimensioni, si attraversava completamente in apnea e in assetto orizzontale, spinto da potenti e dosate e cadenzate palate delle pinne,si dava potente propulsione alla spinta per attraversare il banco che alle vonte arrivava anche a 30 metri. Il busto,o pancia, a fior di fondo con era sfiorato dalle lunghe e sinuose fascette di verde vellutato che sono la poseidonia oceanica.
Interi campi che da una certa distanza vederli mouvere al ritmo del moto ondoso faceva, è fà, configurare contorte e flessuose eclettiche evoluzioni alle lunghe filiformi foglie della posidonia oceanica.
Uno spettacolo intervallato dalla presenza di una serie particolare di forme di pesci che frequentano queste vere e proprie praterie del mare.

Saluti,subaquei,Spiros
http://web.tiscali.it/areeprotettemarine/posidonia_oceanica.htm