Se un pescatore va in esilio su una petroliera

In esilio su una petroliera. Lui, Salvatore Lupo di Portopalo, che fino a ieri il mare lo solcava solo per pescare e mantenere con dignità la moglie e i tre figli. A 50 anni Salvatore va incontro agli oceani. Va a fare il radarista in un'età in cui è raro che si cambi lavoro se non si è costretti da qualcosa o da qualcuno. Da qualcuno, come ha denunciato Giovanni Maria Bellu, giornalista di Repubblica, autore dello scoop che portò alla localizzazione della nave con i cadaveri di 283 immigrati, affondata la notte di Natale del '96. Tragedia conosciuta e rimossa, si disse allora, magari esagerando ma non troppo, da un intero paese, Portopalo e dai suoi pescatori. Con l'aiuto di Salvo Lupo, Bellu realizzò il servizio, con tanto di riprese sottomarine, che mise a tacere chi non voleva ammettere che, da anni nelle reti, s'impigliavano resti umani che venivano subito restituiti al mare. Senza Salvo Lupo, il giornalista non sarebbe mai arrivato alla verità provata.

Ma è proprio il pescatore che ha pagato il prezzo più alto per il suo coraggio e la sua onestà civile. Dopo lo scoop, per un malinteso senso dell'onore, una parte del paese lo accusò di avere «infangato il buon nome di Portopalo». Da lì i silenzi che ti isolano e le rappresaglie che non ti fanno più vivere. Salvatore Lupo adesso, dopo tre anni di disagi dell'anima, va dunque in esilio su una petroliera. Cinque mesi di distacco per adesso, sperando che qualcosa cambi. Poi si vedrà. Ma non si è pentito e non ha cambiato idea sul suo gesto che fu anche di pietà.

La Portopalo migliore ne tenga finalmente conto.

Rino D'Alessandro
Fonte: LaSicilia.it il 11-11-2004 - Categoria: Cronaca

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Ho preso il vezzo da pochi giorni di commentare qualche notizia inserita in questo bel portale e per la terza volta mi capita di scrivere un commento su questa vicenda che ha toccato da vicino, molto, molto vicino, il paese di Portopalo. Di fronte alla notizia del pescatore che viene mandato in esilio dai suoi compaesani, perdonatemi, ma mi pare che il limite della decenza sia stato superato. E anche di molto. Dire, come ha fatto il giornalista che ha firmato questo articolo messo addirittura in prima pagina del giornale -la sicilia-, che i portopalesi abbiano costretto all'esilio il pescatore che fece trovare il relitto, è una balla di proporzione gigantesche da non meritare neanche un commento. Si tratta di una porcata colossale ai danni degli abitanti di Portopalo di Capo Passero. Non credo a neanche una parola di quello che è stato scritto oggi in questo articolo circa la persecuzione contro il pescatore. Continuo a dare fiducia al corrispondente locale del giornale -la sicilia- (che conosco personalmente ed anche molto bene) per alcuni motivi, a cominciare dal fatto che il giornalista locale ha maggiori opportunità di approfondire determinati aspetti della vicenda. Su Portopalo (e i suoi abitanti) si continuano ad usare certi luoghi comuni, come ha detto il sindaco Cammisuli, a discapito di certi aspetti della verità. E oggi, leggendo questo articolo, ho avuto l'impressione che si parlasse della Corleone ai tempi di Totò Riina e del dominio mafioso. No, sono certo che non sia questa la verità. Ho saputo che Sergio Taccone sta scrivendo un libro su questa vicenda, incentrato soprattutto su alcuni aspetti locali del naufragio. Spero di reperirne una copia quando verrà pubblicato. E spero che il continuo e ingiusto attacco contro i portopalesi abbia fine prima possibile. Mi chiedo il perchè di questa denigrazione continua di un intero paese. Conosco i portopalesi e quello che è stato scritto oggi, e in altre circostanze, è destituito di ogni fondamento di verità.
Non fare troppi salti mortali.

Ne hai postato quattro di messaggi in questo sito.
Il quarto è stato cancellato per eccesso di mafiosità. I tuoi discorsi sui soldi della mafia che finanziano gli alberghi in costruzione è indicativo.

Se ti vuoi rifare una verginità facendo opera da lacchè: ebbene devi sapere che è la cosa più squallida a cui abbia mai assistito.....

Sono contento che La Sicilia abbia messo in prima pagina questo articolo. Denuncia una situazione reale.

Pertanto, lo ripropongo.


Cronaca: Se un pescatore va in esilio su una petroliera
In esilio su una petroliera. Lui, Salvatore Lupo di Portopalo, che fino a ieri il mare lo solcava solo per pescare e mantenere con dignità la moglie e i tre figli. A 50 anni Salvatore va incontro agli oceani. Va a fare il radarista in un'età in cui è raro che si cambi lavoro se non si è costretti da qualcosa o da qualcuno. Da qualcuno, come ha denunciato Giovanni Maria Bellu, giornalista di Repubblica, autore dello scoop che portò alla localizzazione della nave con i cadaveri di 283 immigrati, affondata la notte di Natale del '96. Tragedia conosciuta e rimossa, si disse allora, magari esagerando ma non troppo, da un intero paese, Portopalo e dai suoi pescatori. Con l'aiuto di Salvo Lupo, Bellu realizzò il servizio, con tanto di riprese sottomarine, che mise a tacere chi non voleva ammettere che, da anni nelle reti, s'impigliavano resti umani che venivano subito restituiti al mare. Senza Salvo Lupo, il giornalista non sarebbe mai arrivato alla verità provata.

Ma è proprio il pescatore che ha pagato il prezzo più alto per il suo coraggio e la sua onestà civile. Dopo lo scoop, per un malinteso senso dell'onore, una parte del paese lo accusò di avere «infangato il buon nome di Portopalo». Da lì i silenzi che ti isolano e le rappresaglie che non ti fanno più vivere. Salvatore Lupo adesso, dopo tre anni di disagi dell'anima, va dunque in esilio su una petroliera. Cinque mesi di distacco per adesso, sperando che qualcosa cambi. Poi si vedrà. Ma non si è pentito e non ha cambiato idea sul suo gesto che fu anche di pietà.

La Portopalo migliore ne tenga finalmente conto.

Rino D'Alessandro

Fonte: LaSicilia.it pubblicato il 11-11-2004

Lacchè, mafiosità, soldi che finanziano alberghi, rifarsi una verginità, messaggi cancellati. Ho l'impressione che Spiros abbia preso un abbaglio. Non ho mai postato messaggi su alberghi, nè ho inteso fare il lacchè in altre occasioni. Casco completamente dalle nuvole dopo questo commento dell'architetto Spinello, persona che stimo. Che poi tu creda alle cose scritte in questo articolo, sei libero di farlo come io sono libero di fare il commento postato prima. Manifesto il mio pensiero come insegna anche un articolo della costituzione italiana. Ripeto: quello scritto stamattina da -la sicilia- è inverosimile per non dire falso. Ma come si può credere a queste cose. e poi chi sono questi disinformatori: il sindaco, forse il giornalista locale. No, non credo che l'architetto (che spesso ha evidenziato in questo sito le alte qualità di Cammisuli e del corrispondente locale) pensi che i portopalesi abbiano esiliato il pescatore, come scrive oggi -la sicilia-.
Ripropongo l'intervista rilasciata da Cammisuli e pubblicata su -la sicilia- di 2 giorni fa:

Cronaca: Sul Naufragio del '96 inutili luoghi comuni

PORTOPALO - Dopo la mancata presenza alla puntata del 3 novembre, dovuta ad un violento temporale abbattutosi quel giorno su Catania, che aveva spostato il volo aereo per la capitale, il sindaco Cammisuli sarà ospite del "Maurizio Costanzo Show" il 17 novembre, in merito alla vicenda del naufragio del Natale '96 e alla disinformazione piovuta sulla comunità locale con la pubblicazione del libro di Bellu "I fantasmi di Portopalo", uscito ad ottobre. "Abbiamo già avuto conferma in merito dalla redazione del programma - ha dichiarato il sindaco - ed inoltre abbiamo preso contatti con le redazioni di altre trasmissioni televisive a carattere nazionale, per contrastare la massa continua di inesattezze che il giornalista di Repubblica, imperterrito, sta riversando sul nostro paese". Su un sito web infatti è stata inserita di recente un'intervista audio proprio con l'autore del libro che a distanza, come ha sempre fatto, rifiutando qualsiasi confronto con chi non la pensa come lui su parecchi aspetti locali della tragedia di fine '96, lancia dei messaggi criptati contro un gruppo di presunti disinformatori, che tra l'altro egli stesso avrebbe individuato, che hanno lasciato credere che il libro butti fango su Portopalo. E poi aggiunge di un certo clima (e di avvertimenti) che starebbe vivendo in paese la sua fonte, il pescatore che ritrovò il tesserino di Anpalagan, lasciando quasi aleggiare l'ipotesi di minacce o, nella migliore delle circostanze, di un cattiva aria. "Frasi gravi ma che lasciano il tempo che trovano - aggiunge Cammisuli - poiché chi dissente dal libro non è certo uno che lancia avvertimenti". Non dice Bellu, nell'intervista, che Salvo Lupo era un pescatore che nel '97 si recava a pescare al Siccagno, la zona dove venivano trovati i cadaveri e non dice che in quel periodo lo stesso era anche assessore in carica del comune di Portopalo. E attenendoci al libro non chiarisce tanti dubbi essenziali per capire i risvolti locali della vicenda sin dal '97.

A cominciare dal momento del ritrovamento del tesserino del ragazzo tamil, troppo ben conservato per essere rimasto in mare quattro anni e mezzo. Non dice infine, parlando del mercato ittico e dei collegamenti con ambienti mafiosi, che gli astatori portopalesi sono stati assolti con formula piena dalla Corte d'Appello di Catania. "Ecco quale massa di disinformazione è caduta e continua a cadere su Portopalo - prosegue il sindaco - e Bellu pretende che i portopalesi se ne stiano inerti a lodare il suo libro". Magari ci sarà chi lo ha fatto, in primis coloro che amministravano Portopalo in quegli anni, risparmiati dalle invettive editoriali del giornalista sardo. Ma la stragrande maggioranza dei portopalesi, che conosce fino in fondo gli aspetti locali della verità sul naufragio, è rimasta indignata anche per le accuse che l'autore lancia al commissariato di polizia di Pachino che nel libro diventa parte di un meccanismo volto a cambiare "l'innocente in colpevole, il bianco in nero". E del resto nel citare uno studio di Franchetti del 1875, sugli ambienti controllati dalla mafia "dove si adopera la legge soltanto per eluderla" (è riportato nel libro di Bellu) si capisce bene quali voli dialettici abbia effettuato il giornalista per dimostrare le sue tesi pregiudiziali su Portopalo. Infine lanciamo un invito, a chi di competenza, a riaprire l'indagine per occultamento di cadavere. I pescherecci che andavano a pescare, non autorizzati, al "Siccagno" all'inizio del '97 erano pochi, non sarebbe difficile individuarli. Anzi sarebbe il modo migliore per fare finalmente chiarezza su chi pescava cosa all'inizio del '97. Del resto nel giugno 2001 Attilio Bolzoni sottolineò su "Repubblica" che l'inchiesta giudiziaria sui cadaveri pescati e ributtati tra le onde "non procede come dovrebbe". Ecco perché è auspicabile che gli organi inquirenti riaprano questo fascicolo d'indagine. Per amore della verità.

Sergio Taccone
Non fare troppi salti mortali.

Ne hai postato quattro di messaggi in questo sito.
Il quarto è stato cancellato per eccesso di mafiosità. I tuoi discorsi sui soldi della mafia che finanziano gli alberghi in costruzione è indicativo.

Se ti vuoi rifare una verginità facendo opera da lacchè: ebbene devi sapere che è la cosa più squallida a cui abbia mai assistito.....

Sono contento che La Sicilia abbia messo in prima pagina questo articolo. Denuncia una situazione reale.

Pertanto, lo ripropongo.


Cronaca: Se un pescatore va in esilio su una petroliera
In esilio su una petroliera. Lui, Salvatore Lupo di Portopalo, che fino a ieri il mare lo solcava solo per pescare e mantenere con dignità la moglie e i tre figli. A 50 anni Salvatore va incontro agli oceani. Va a fare il radarista in un'età in cui è raro che si cambi lavoro se non si è costretti da qualcosa o da qualcuno. Da qualcuno, come ha denunciato Giovanni Maria Bellu, giornalista di Repubblica, autore dello scoop che portò alla localizzazione della nave con i cadaveri di 283 immigrati, affondata la notte di Natale del '96. Tragedia conosciuta e rimossa, si disse allora, magari esagerando ma non troppo, da un intero paese, Portopalo e dai suoi pescatori. Con l'aiuto di Salvo Lupo, Bellu realizzò il servizio, con tanto di riprese sottomarine, che mise a tacere chi non voleva ammettere che, da anni nelle reti, s'impigliavano resti umani che venivano subito restituiti al mare. Senza Salvo Lupo, il giornalista non sarebbe mai arrivato alla verità provata.

Ma è proprio il pescatore che ha pagato il prezzo più alto per il suo coraggio e la sua onestà civile. Dopo lo scoop, per un malinteso senso dell'onore, una parte del paese lo accusò di avere «infangato il buon nome di Portopalo». Da lì i silenzi che ti isolano e le rappresaglie che non ti fanno più vivere. Salvatore Lupo adesso, dopo tre anni di disagi dell'anima, va dunque in esilio su una petroliera. Cinque mesi di distacco per adesso, sperando che qualcosa cambi. Poi si vedrà. Ma non si è pentito e non ha cambiato idea sul suo gesto che fu anche di pietà.

La Portopalo migliore ne tenga finalmente conto.

Rino D'Alessandro

Fonte: LaSicilia.it pubblicato il 11-11-2004