Quell'odore di vendemmia che non dimentico

Quell'odore di vendemmia che non dimentico PACHINO - "Quando io ero molto più giovane la vendemmia si sentiva nell'aria". Con queste parole inizia il suo racconto sulla vendemmia di una volta il signor Antonino Alagona, quasi ottantenne che, per tutta la vita, ha lavorato le sue terre con amore e passione. "Nel periodo della vendemmia Pachino si riempiva dell'odore forte del mosto che si spargeva ovunque, i palmenti una volta erano tanti e quasi ad ogni angolo si potevano vedere lavoratori sporchi fino ai gomiti di mosto. Io cominciavo a vendemmiare a metà agosto e terminavo il lavoro a metà settembre. Io e la mia famiglia avevamo molti terreni e quindi il lavoro era tanto. Quando con gli uomini andavamo in campagna era quasi una festa anche se la stanchezza a fine giornata si faceva sentire. La giornata si articolava in vari momenti: si partiva da Pachino verso le 6:00 del mattino, appena arrivati si iniziava subito a lavorare fino a sera inoltrata. Mia moglie preparava il mangiare per tutti noi e a fine giornata si stava tutti insieme in campagna. Il cibo non era niente in confronto a quello di adesso, venivano cucinati infatti dei peperoni con le patate e le lumache che tutti noi raccoglievamo mentre vendemmiavamo. Altre volte mangiavamo sarde salare o alcune olive con un po' di pane e i pomodori salati. Cose semplici che costavano poco». Finita la giornata si cenava e poi, ricorda Antonino Alagona, nonostante la stanchezza, poteva succedere di passare la notte senza dormire; le persone che lavoravano nei suoi terreni infatti erano tutti amici e la sera si trascorreva il tempo giocando, ballando e suonando.

I vendemmiatori erano uomini e donne e una volta è anche capitato che due lavoratori si sono conosciuti, innamorati e sposati, ovviamente il paese è piccolo e poi lavorando insieme per un mese intero queste cose potevano capitare. Il lavoro di una volta era molto faticoso. Dopo aver raccolto l'uva, bisognava portarla al palmento e pestarla nel vero senso della parola. Il lavoro del "pistaturi" era quello più faticoso. Doveva stare nel palmeto e pestare l'uva indossando delle scarpe molto pesanti, il rischio di scivolare sull'uva era tanto, per questo i palmenti erano dotati di corde dove il "pistaturi" poteva aggrapparsi e lavorare meglio. L'uva diventata mosto, doveva stare a fermentare e poi veniva venduta, in base alla gradazione del mosto, veniva stabilito il prezzo. Capitava però che veniva pagata poco e così il guadagno era minimo nonostante il tanto lavoro. Anche la paga di una volta era diversa, agli uomini venivano dati più soldi, invece, alle donne e ai bambini fino ai tredici anni, veniva data la metà della paga degli uomini. Quella che facevamo tutti non era una vita facile e bella, adesso è tutto diverso. Certo, ci vuole pazienza a raccogliere l'uva ma appena finita la raccolta ci sono la macchine che fanno tutto il lavoro più pesante. L'esperienza del signor Alagona è significativa di un mondo che adesso non c'è più. Un mondo fatto di stenti e di miseria, dove bisognava faticare il pane giorno dopo giorno. "La vita di adesso - conclude il signor Alagona - è sicuramente migliore di quella di un tempo, l'unica cosa che rimpiango è quell'odore intenso ed inebriante che circondava tutto il paese, un odore che non andava via neanche dopo una lunga doccia e che caratterizzava la mia Pachino. Forse è proprio questo il ricordo più forte che conservo della vendemmia di una volta".

Silvestra Sorbera
Fonte: LaSicilia.it il 17-09-2005 - Categoria: Cultura e spettacolo

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