Dal sito di Daniele Lorefice.....
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L'immersione al largo di PortoPalo al relitto del Sommergibile Veniero
E' senza dubbio l'immersione più pericolosa e difficile che abbia mai fatto. Si tratta della visita ad un relitto "Il sommergibile Veniero" della Marina Militare Italiana affondato tra la prima e la seconda guerra mondiale, il 26 agosto 1925, a causa di uno speronamento accidentale da parte del mercantile Capena.
Il Sommergibile si trova a 9 miglia dalla costa di PortoPalo di Capo Passero (SR) su un fondale sabbioso e piatto alla profondità di circa 56 metri. Bisogna preparare l'immersione il giorno prima, studiare tutte le varianti possibili, capacità bombola, consumo aria, tempo di immersione/permanenza e soprattutto tempo di decompressione e non sono ammessi errori di alcun tipo.
Si arriva sul posto tramite una imbarcazione munita di GPS. Dopo aver localizzato il posto si usa l'eco scandaglio per rilevare la sagoma del sommergibile. Una volta individuato il punto esatto ci si immerge nel blu e si scende a tutta birra, per evitare che le correnti marine modifichino le coordinate.
Arrivati a circa 30-35 metri di profondità si intravede il sommergibile, nero, lungo circa 67 metri e largo 6. A quel punto comincia l'avventura.......
In un fondale sabbioso giace in silenzio ed intatto il sommergibile, come se si fosse adagiato sul fondo tanti anni fa e addormentato con tutto il suo equipaggio. La scena è raccapricciante, si intravedono dai boccaporti aperti i resti dei corpi ormai scheletriti dei marinai ed è tutto come un tempo. Si intravedono gli indumenti, (stivali, giacche ecc.), i fucili ormai incrostati, le damigiane presumibilmente colme di vino, la strumentazione di bordo ed è tutto lì come dimenticato dal mondo. La poppa del sommergibile è ricoperta dalle reti dei pescatori che ignari della presenza dell'imbarcazione dragavano i fondali e inspiegabilmente e sistematicamente perdevano le reti, fino a quando Enzo Maiorca si immerse e scoprì il relitto.
Non sembra, ma il tempo trascorre velocemente, i minuti si accavallano, non si vorrebbe tornare in superficie, ma la prodondità è tanta e l'azoto minaccioso si accumula tra i tessuti, è ora di risalire. Dopo 20 minuti di immersione ci si avventura nella lenta e costante risalita verso la superficie da dove si intravede a stento la sagoma del sole. Non più di 10 metri al minuto, tutto procede lentamente, si guarda continuamente il manometro, il profondimetro, il computer, gli altri compagni, si regola il jacket, se non trovi il pedagno cerchi disperatamente un punto di riferimento che non c'è fino a quando si arriva ai 12 metri dove si effettua la prima tappa di decompressione di 1 minuto, si risale a 9 metri dove si effettua la seconda tappa di decompressione di 2 minuti, si risale a 6 metri dove si effettua la terza tappa di decompressione di 3 minuti ed infine si risale a 3 metri per l'ultima interminabile tappa di 27 minuti e li cominci a pensare a quei poveri marinai abbandonati per sempre nella loro tomba. Deve essere stato un attimo, un forte rumore e subito dopo una morte atroce, senza scampo .... scampati ad una guerra sanguinosa il destino ha voluto che morissero per la distrazione di un mercantile che navigava verso il loro triste destino