Oltre l'etichetta un mondo di veleni

Retroscena, grandi scandali e piccole truffe. Tra ormoni, antibiotici, coloranti e sostanze a rischio


Il problema è tutto quello che non c’è sull’etichetta. Non abbiamo tempo di preoccuparci per i 6 milioni di bambini che muoiono ogni anno con il ventre gonfio per mancanza di cibo. Nel Primo Mondo siamo troppo impegnati a consultare le etichette, a sfogliare le riviste specializzate, a frequentare club di buongustai e a inserirci nel passaparola dei conoscitori di prelibatezze. Il cibo, quello che ingrassa stomaci gonfiati dal grasso, è una sirena irresistibile. Seduce e a volte uccide.

Oppure fa male o non fa affatto quello che dovrebbe fare. L'ha scoperto un test con la lattuga dei rassicuranti pacchetti da supermarket.

Il primo gruppo di volontari ha mangiato insalata fresca, appena raccolta. Al secondo è stata offerta la stessa insalata, ma confezionata in atmosfera modificata e conservata per 3 giorni.
Ed ecco la sorpresa: il sangue di questi volontari non presentava quasi traccia degli antiossidanti, delle vitamine e dei polifenoli che invece circolavano nell'organismo dei compagni a cui era stato offerto il pranzetto fresco. Il look delle foglie era identico, ma dentro, oltre l'etichetta, c'era il vuoto.

I francesi hanno battezzato il vuoto «malbouffe». Ci abbuffiamo, ma non riusciamo a cancellare il sospetto che qualcosa non funzioni, che la nostra salute sia minacciata, anche se si detestano le sparate anti-Usa di José Bové o può infastidire il culto del buon boccone alla Slow Food.

Le cronache mondiali sono una sequenza di disastri e denunce.
Indimenticabile il vino al metanolo (1986 e 19 morti), impossibile da cancellare l'ossessione dei prioni della mucca pazza (1996 e almeno un centinaio di vittime accertate), ineliminabili dal repertorio dei sogni peggiori i polletti belgi, cresciuti con misture arricchite di diossina (1999 e un numero incalcolabile di intossicati), a cui ora si aggiunge il latte all’inchiostro.

Ogni anno ha il suo maxi-scandalo alimentare, a cui si intreccia la successione infinita di imbrogli e falsificazioni, in un fritto misto di ormoni, coloranti, Ogm...
Tanti eventi spesso invisibili e solo qualche volta portati alla luce da un «blitz» e, comunque, condannati a un pressoché istantaneo oblio.

In Italia, nel 2004, i Nas dei carabinieri hanno accertato un numero record di infrazioni: quasi 4500 quelle penali e 21 mila quelle amministrative. In concreto sono state chiuse 925 strutture e altre 360 sono state sequestrate.

Così il sospetto lievita in indigeribile certezza. Racconta il rapporto «Salute&Gusto» - realizzato da Ires e Legambiente - che aumenta l'import clandestino di carni, verdure e frutta di cui si ignora la provenienza e di cui sono stati occultati i metodi di allevamento e coltivazione, mentre si infittisce l'uso illecito delle denominazioni protette per cibi che mai potrebbero meritarle, perché di mediocre qualità.

Significa che il «bianchetto» nostrano è un poco raccomandabile pescetto cinese, che i pompelmi sudafricani hanno le bucce irrorate di sostanze tossiche, che i polli orientali agli antibiotici non sono stati in grado di passare i test Ue, che il tonno indonesiano è ingolfato di istamina per farlo risplendere, come se fosse stato appena catturato.

Il nostro inestinguibile appetito è quindi destinato ad affrontare sfide tanto rivoltanti quanto surreali: il carciofo nostrano che prende fuoco a contatto del coltello per un abnorme trattamento con l’azoto, il burro dei camorristi, maestri nell'aggirare le norme di genuinità del siero, i prosciutti di Parma contraffatti e ripieni di fosfati, i vini etichettati piemontesi e allungati con misture di uve straniere, le passate di pomodoro realizzate con scarti di pulitura e un'aggiunta di muffe (queste, almeno, naturali) e le irruenti copie dell’«Italian food», scadenti e a volte nocive: dal Reggianito al parmesan, dalla robiola «made in Canada» alla Cambozola a stelle e strisce, dal San Marzano argentino al Chianti californiano, fino al Lambrino, che vorrebbe convincerci di essere il clone del lambrusco.

E il clone diventa un simbolo: più esplode la disponibilità di cibo e più crescono i rischi per chi lo ingerisce. «Gran parte del settore agroindustriale - ha accusato la reporter britannica Felicity Lawrence - è povero di gusto, inquinante e potenzialmente pericoloso per la salute». Un giorno ha letto un’etichetta, quella dell’agnello che stava per infilare nel microonde. Ha trovato 8 tipi di zuccheri, 7 di grassi, 4 di conservanti, 3 di aromi chimici, più addensanti e sali. E’ spontaneo che esploda il dubbio: che cosa si nasconde oltre l’etichetta?
Fonte: La Stampa il 24-11-2005 - Categoria: Cronaca

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