Nel 2050 un italiano su due sarà vegetariano

Nel 2050 un italiano su due sarà vegetariano Vivremo vegetariani e contenti

Gli italiani che dicono no alla carne sono quasi 3 milioni. E nel 2050 uno su due si convertirà a questo stile di vita

di Mario Cellini

Italia, anno 2103: mala tempora per i carnivori, biasimati dalla società, ridotti a specie in via di estinzione. Scenario da fantascienza? Non proprio: l'Eurispes stima che nel paese i vegetariani siano 2 milioni 900 mila (raddoppiati in meno di tre anni), e che nel 2050 saliranno a 30 milioni: la metà circa della popolazione. Un fenomeno di dimensioni gigantesche, che affonda le radici nell'etica e nel fertile terreno dei movimenti ecologisti, ma anche nelle sabbie mobili del trendy. Se ne sono ben accorti all'Adelphi, con il piccolo successo editoriale di "Del mangiare carne" di Plutarco. Tesi: mangiare carne non è condizione naturale.

Però: vegetariani duri e puri o così così? C'è chi cede alla tentazione di un sushi senza troppi sensi di colpa, chi è convinto che basti un'insalatina per entrare nell'enclave "veggie". I neo-simpatizzanti lasciano perplessi i vegetariani di fede, comunque anche i puristi vanno a caccia di soddisfazioni gastronomiche. Ha pensato a loro il gastronomo Claudio Riolo, autore della guida "Alberghi e Ristoranti 2003" (De Agostini), che segnala 400 menu vegetariani. «Nel '96 ho ideato l'Associazione Menu Quadrifoglio per proporre nei locali combinazioni di formaggi, verdura e frutta. I cento chef soci praticano una cucina creativa con prodotti del territorio e di stagione e cotture delicate. Le nostre roccaforti, come l'Enoteca Giraldi di Firenze, dimostrano che si può essere vegetariani per gola». Sull'irresistibile ascesa del popolo vegetariano è d'accordo Roberto Piccinelli, giornalista e autore della "Guida al Piacere e al Divertimento 2003" (Outline Edizioni): «I moderni vegetariani sono edonisti, pretendono più sapore e meno mortificazioni. Prediligono ristoranti come il milanese Desiderata, che rivisita con le alghe i piatti siciliani di pesce; Il mirto e la rosa di Napoli, che offre emozioni macrobiotiche; i new-pub di Londra, dove il piacere esclude la carne ed è a base di cioccolato, distillati e sigaro». A Milano i templi della ristorazione rivedono la carta: Bice offre un menu verde nel fast business lunch; Santini piatti ipocalorici senza carne preparati sotto controllo medico. L'Associazione Vegetariana Italiana ha compilato una guida ai ristoranti sicuri, il "Mangiarbene Vegetariano", con il contributo della Barilla.

Nuovi e vecchi militanti hanno in comune il fatto di sentirsi bene. Sereni, non aggressivi come i carnivori, alterati dagli effetti di acido lattico, ptomaine, urati e "cadaverine" degli animali maltrattati. L'addio alla bistecca è dettato dalla volontà di non nuocere ai "fratelli" viventi. Il rispetto per gli animali presume lo stop alla barbarie degli allevamenti intensivi, quelli che hanno generato mucca pazza. Lo spauracchio di prioni, sostanze ormonali, farmaci, diossina e anabolizzanti, nascosti tra le fibre della fettina, ha convinto molti a lasciar perdere. Al salto di qualità nella dieta danno man forte i nutrizionisti, che esaltano le proprietà salutari dei vegetali e mettono in guardia dai grassi della carne. Fra quanti scelgono le tavole verdi si contano anche "pentiti" di altra estrazione. Ethically correct, li definisce Carmen Somaschi, presidente dell'Avi: «Si ritorna al pacifismo del nostro fondatore, il filosofo Aldo Capitini, che già nel 1952 praticava la non violenza attiva. Dopo animalisti ed ecologisti sono arrivati i no global. Il consumismo, con la regola del "compra, usa e getta", aumenta le differenze sociali: per cambiare il mondo dobbiamo cominciare da noi stessi e "disarmarci" a tavola». Dal rigetto dell'olocausto animale si passa alla lotta contro lo sfruttamento dei più deboli e dell'ambiente. «È inconcepibile che il 20 per cento dell'umanità consumi l'80 per cento del patrimonio comune: l'alimentazione carnea sottrae risorse a chi ne ha poche per darne a chi ne ha già troppe. Per ottenere un chilo di carne se ne bruciano 20 di cereali, ed energia, acqua, foreste», denuncia Stefano Cagno, del Comitato scientifico di Avi.

Basta questo a spiegare l'aumento globale della famiglia vegetariana? L'ultimo censimento della European vegetarian union, al 35. Congresso mondiale vegetariano di Edimburgo, dà il primato all'India: un abitante su cinque. In Europa la loro patria è la Gran Bretagna, con quasi 6 milioni di adepti. Ovunque i proseliti sono per lo più giovani. Qualcuno imita personaggi famosi "meat-free": Brad Pitt, Britney Spears, Penelope Cruz, Cameron Diaz, Gwyneth Paltrow, Alanis Morissette, Michael Bolton; in Italia, Megan Gale, Marina Rei, Jovanotti. Vegetariano oggi è cool. Conferma Piccinelli: «I giovani sono ansiosi di offrire di sé un'immagine di successo. E oggi nel mondo essere vegetariano è à la page. Moda passeggera? Per il momento è vincente». In particolare tra le ragazze: carote e insalata sono lasciapassare per misure small, e somigliare a certe diafane veg-model. «La scelta vegetariana può essere indice di una personalità patologica, ossessionata dal controllo, dal bisogno di purezza. In casi estremi, anticamera dell'anoressia», è il parere di Riccardo Dalle Grave, psicoterapeuta e direttore scientifico dell'Associazione italiana disturbi dell'alimentazione e del peso: «La dieta verde è un possibile fattore di rischio di disturbi alimentari perché comporta la necessità di controllare i cibi: per questo è proibita in terapia». Perplessità sul trend verde anche da Giorgio Calabrese, docente di nutrizione umana all'Università del Sacro Cuore di Piacenza e membro dell'Authority europea per la sicurezza alimentare. «Esiste un nuovo modo di mangiare estremamente attento all'esteriorità, che poco si cura degli apporti energetici», commenta: «Finché la dieta rimane latto-ovo-vegetariana, nessun problema. La rinuncia totale ai prodotti d'origine animale provoca carenze di aminoacidi essenziali, vitamina B12 e ferro, indispensabili all'organismo. Si possono operare sostituzioni, che però richiederebbero un esperto di contabilità e non compensano del tutto i deficit. Frutta e verdura significano vitamine, oligoelementi, antiossidanti e fibre (antidoto a infarto, obesità, diabete e cancro), ma gli eccessi hanno una contropartita: il sequestro di minerali, dovuto alle fibre, e l'ingestione di veleni presenti nelle piante». Sullo stato nutrizionale dei vegetariani indagherà l'Istituto nazionale per la ricerca degli alimenti e la nutrizione (www.inran.it). Spiega Amleto D'Amicis, epidemiologo e direttore dell'Unità di statistica e di economia alimentare: «Terremo sotto osservazione per due anni il loro sistema anti-ossidante per verificare se combattono meglio i radicali liberi, scorie dell'organismo responsabili d'invecchiamento e degenerazioni cellulari». Per l'Organizzazione mondiale della sanità e per l'Epic (European prospective investigation on cancer and nutrition) di Lione, il consumo regolare di frutta e verdura riduce della metà il rischio di alcuni tumori e del 30 per cento quello di cardiopatie. Precisa D'Amicis: «L'Epic ritiene debole la relazione fra carne e cancro. Non accusa i grassi saturi e il ferro, ma i nitrosocomposti dei salumi e il benzopirene che si forma sulla griglia. Comunque, abbiamo rivisto le nostre linee guida e consigliamo di aumentare frutta e verdura, anche se gli italiani ne consumano già 500 grammi al giorno a testa». Obiettivo: dalle cinque porzioni quotidiane di vegetali passare a sette, o addirittura dieci. I fruttivendoli ringraziano e confermano: il loro giro d'affari testimonia l'exploit vegetariano. L'Osservatorio dei consumi di Gfk-Iha (società di ricerca sul consumatore) rileva che nel 2001 sono state prodotte 25,8 tonnellate di ortofrutticoli, per un fatturato superiore a 19 milioni di euro e un aumento del 5,71 per cento; ogni famiglia si è portata a casa 210 chili di frutta e 295 di verdura, in prevalenza mele e insalata. Per far fronte alla domanda, i negozianti si stanno organizzando. «Studiamo persino la posizione geografica del negozio», racconta Dino Abbascià, presidente dei dettaglianti ortofrutticoli: «Se intorno ci sono in prevalenza uffici, prepariamo frutta e verdura pronta all'uso, in monorazioni. Nei quartieri eleganti c'è grande domanda di specie esotiche: bananine rosse thailandesi e filetti di canna da zucchero dei Caraibi. Tornano in auge frutti come corbezzoli e giuggiole, e mini-ortaggi da aperitivo, come i cavolfiori baby. Oggi si preferisce regalare corbeilles di frutta e verdura invece che bouquet di fiori».

Visto il business, l'industria sforna vegetali prêt-à-manger. 250 milioni di euro di fatturato (più 30 per cento annuo, dati Nielsen), leader Bonduelle, che ha sollecitato la nascita dell'Associazione produttori del comparto. Crudité e insalate etniche complete di salsa, macedonia, posate e snack verdi. Non per niente l'Oscar dell'imballaggio 2002 è andato al Click Pack, imballo-shaker che mescola insalata e condimento.

L'Istituto italiano alimenti surgelati rivela che gli ortaggi sottozero rappresentano il 60 per cento dei consumi del settore, e che l'aumento del 15 per cento è solo un inizio. Per far fronte agli sfizi dei neo vegetariani, gli agricoltori cercano specie più resistenti e coltivano in serre riscaldate su lana di roccia; la maturazione dei prodotti è forzata con gas e la conservazione avviene in magazzini ad atmosfera modificata; per una migliore presentazione, i vegetali subiscono maquillage chimici. «Per ora non c'è da sospettare interventi di modificazione genetica in campo», assicura Giancarlo Imbroglini dell'Istituto sperimentale per la Patologia vegetale: «Gli ortaggi bonsai e le varietà salvate dall'oblio sono frutto di selezioni e incroci. La maggior resa dei vegetali può dipendere dai fitofarmaci, mi preoccupa di più l'eventuale sviluppo di micotossine».

Ci vuol altro, per turbare i vegetariani e fargli cambiare idea.
Fonte: L'espresso On Line il 03-12-2003 - Categoria: Cronaca

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