Modica riempie di sé una stretta valle

Modica, la città in cui ho trascorso la fanciullezza. Ne parti a dieci anni, un mattino di luglio, dopo una notte di luna trascorsa quasi interamente nel giardino di un amico. Avremmo dovuto passare l'estate a Marzamemi e tornare in autunno. Invece non tornammo più. Mio padre fu trasferito dall'una all'altra città siciliana, e, sebbene i nostri nuovi soggiorni fossero vicini a Modica, non accadde mai più che vi tornassi, nemmeno per un'ora. Vi ritorno nel 1948, dopo trent'anni.
I giorni della fanciullezza mi assaltano da tutte le parti. Poichè, tornando in un luogo, noi siamo portati a riprendere la nostra vita nel punto preciso in cui l'abbiamo lasciata, e a seguitarla senz'alcuna interruzione, questo mio giorno di quarantenne s'attacca immediatamente a quella mia notte di ragazzo decenne, con una dolcezza mostruosa, mentre tutto il tempo intercorso in altri luoghi, fra la notte del '18 e il suo domani del '48, compresso, strappato, amputato, salta via come un tronco marcio. Profondo doloroso diletto di perdere trent'anni di vita smisuratamente meno felici di quei dieci che soli mi vedo dietro le spalle camminando per queste strade, in questa città che non conta per me un'ora, un minuto che non sia brillante di sensazioni vivacissime, e che solo oggi vado sporcando di sguardi fiacchi, passi gravi, pensieri malinconici e stanchi. Modica riempie di sè una stretta valle e i quattro monti che le fanno cerchio.

Mentre passeggio per la via principale, vedo nitidamente quanto accade in un vicoletto che, a piedi, raggiungerei dopo mezz'ora di faticoso cammino, e con lo sguardo raggiungo subito nelle sue più interne minuzie, perchè sia librato davanti a me a poca distanza nell'aria. Nei giorni dell'epidemia spagnola, con la fronte poggiata ai vetri del balcone, vedevo chiaramente i lutti di cui era disseminata la città, le finestre che si chiudevano, i portoncini da cui usciva una bara. In una stradetta di Modica alta, riparata da un muricciolo che giungeva al ginocchio del passante, vidi una mattina un carro funebre andare lentissimamente, stipato di bare... Ma la morte non spaventa la fanciullezza...Quando arrivai a Modica dal mio paese natìo, avevo tre anni. Ecco la chiesa di San Giorgio che, affacciandomi sulla terrazza, vidi per la prima cosa, e che mi penetrò profondamente nell'occhio, in un punto in cui torna a colpirmi dopo trent'anni, sporgente dalla parete del monte su cui sorge, come un enorme altorilievo, col tortuoso strascico delle sue scalinate. Ecco, sui muri, i capperi coi fiori rosa... E i palazzi l'uno sull'altro, ciascuno con una striscia di cielo imprigionata dietro le ringhiere delle terrazze o dei balconi. Il sonno, a quel tempo, era assoluto e fitto, senza il minimo spiraglio, ma nient'affatto simile alla morte, al contrario succosissima, profonda, compatta sensazione di vita. Il sonno mi rimpastava alle cose di cui l'incipiente coscienza mi distaccava a poco a poco. Una sorta di allucinazione. Nessuno è invecchiato. Ecco gli uomini che lasciai di quarant'anni, quelli che mi facevano cavalcare sui loro ginocchi e mi mandavano alle narici, dall'interno della camicia, un leggero puzzo di vecchiaia. Sono sempre gli stessi: hanno sempre quarant'anni: li riconosco a uno a uno: potrei chiamarli per nome....Ahimè, non sono loro! Sono i figli, che hanno piano piano indossato i nasi dei padri, le loro pancette, il loro puzzo di vecchiaia, il loro modo di sedersi davanti al circolo. Sono i miei compagni di scuola. I miei coetanei».

(*tratto da «Ritorno a Modica»
Corriere della Sera 2 marzo 1949)
Fonte: LaSicilia.it il 06-08-2003 - Categoria: Cultura e spettacolo

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LA NOSTALGIA DELLA MEMORIA....
La scansione lenta del tempo disegna giri di parole che solo chi è sordo può, veramente, ascoltare: E, naturalmente, solo chi è cieco può vedere. Non li può vedere e non li può ascoltare chi è ignominiosamente proiettato solo e soltanto verso un obbiettivo: averne il dominio e se vogliamo il controllo locale. Fare prevalere la sua di memoria interessata e mercificata e a mortificare e blandire il comune sentire in quella materialità immane in cui si è proiettati e ci hanno vicendevolmente abituati a vivere. "Nati non foste per vivere come bruti": ricordava Dante, nei suoi passi piu' belli per ricordare, allora, all'umanità che altri erano i valori fondanti di una società che lo rinnegava. Eppure, a distanza di secoli constato, che la cultura non si è evoluta abbastanza per fare capire a qualche persona e ricordargli che i "posti" della memoria non hanno "padroni del luogo". Mi ha colpito molto, una frase che è stata collocata in un sito locale:(il quale( sito) se veramente si attenesse scrupolosamente a quello che è contenuto nelle sue prospettive fondanti di Hegheliana propensione non ci dovrebbe perdere altro tempo per cancellarlo immediatamente. Invece è li, fa specie, fa scuola di pensiero e gioco e che mutua nelle persone quel comune sentire che solo loro sono il "vaglio maglio" della cultura locale. Si sentono giustificati dalla loro misera presenza temporale locale senza intuire la enorme contraddizione che quel messaggio introduce. Ma tanto a cosa serve la filosofia Hegheliana al mondo se si ripropone, ancora oggi,alla socialità locale. Se non, la ambigua pretesa di essere cerniera e snodo di potere: dimenticando le vicende piu' tristi della storia dell'umanita e della terra introdotte a partire dai quei presupposti male intepretati. Infatti, fù da questi precipui presupposti filosofali che si affermarono il nazismo è il fascimo e il successivo orrendo olocausto che ha lasciato nella storia dell'umanità una ferita profonda ancora non interamente riemarginata. Ma tanto tutto fà brodo alla causa. Le porte aperte si lasciano ad ogni possibile evenienza in un momento di piena e totale "degenerazione" culturale. E, pertanto, alle vellelità di improvvisata e modale spira della civiltà locale dove non si intravvede uno spiraglio politico sicuro è meglio mettersi al riparo di qualsiasi evenienza temporale. Oggi, improvvisamente, si capisce ed intuisce con enorme ritardo che bisogna correre ai ripari recuperando parte della memoria-storia. Ma la cosa che lascia perplessi e che lo si fà muovendosi con dei presupposti completamente sbagliati. E come se dovessero conquistare l'universo che naturalmente e volutamente, per misoginia congenita ne vogliono ignorare l'esistenza, nonostante i presupposti di permaneza in internet dei presupposti teorici e pratici evidenti e esplicitati in piu' di 100 siti e riconosciuti da migliaia di persone con centinaia di di clik che ne hanno fatto un vero fenomeno culturale.C'è qualcuno che vorrebbe fare cessare questo percorso ed esperienza personale e che vorrebbero riconfinare nelle quattro, misere, mura locali. Che pena, che pietà, a vedere questa atteggiamenti mutuati da personaggi "storici"(in senso di rompipalle) che nella loro vita non si sono mai espressi: perchè non hanno mai avuto nulla da dire e da raccontare: che trovano vita ed ispirazione nelle forme di intimidazione che solo un gruppo organizzato puo dare. Che ripropone a distanza di tempo e praticamente rilancia il segnale convenzionale che solo chi è a Pachino può avere la priorità e la precedenza di potersi interessare delle cose che li accadono e succedono a livello culturale,politico e sociale: roba medioevale. Io credo che come è costume diffuso dei frequentatori interessati di questo portale e di internet più in generale questi "padroni del luogo" non hanno capito a fondo l'importanza dello strumento e della materia che trattano ne tantomeno i percorsi individuali che per sua natura non potranno coincidere mai.Guai se ciò avvenisse. I percorsi sono fatti personali che non possono essere in nessun modo ricondotti ad un'unica ragione:tantomeno quella la loro!!!!! E naturalmente nessuno prtende che essa possa coincidere con la nostra. Non hanno capito l'importanza dello strumento e delle potenzialità che esso si possono sviluppare. Vogliono costruirsi un loro angolino particolare pensando che magari qualcuno può venirli a cercare. E che piu' stanno soli e meglio è per creare quella loro offerta nei vari campi nel variegato mondo culturale,economica,turistica locale: è proprio questo il punto. L'errore è di fondo: ed è strutturale. Le sinergie le congiunzioni le emozioni le sensazioni e se vogliamo ricongiungimento mentale e fisico e dato da altri presupposti. Un luogo fisico un sito si valorizza variegando l'offerta che comunque deve stare unità insieme e sodale ad uno sviluppo piu' generale.E questo ruolo che dovrebbe essere garantito per tutti dall'amministrazione comunale ,provinciale,regionale, tarda ad arrivare: Roba da medioevo. In mancanza di questo presupposto struttura per averne il dominio si è condotta una campagna di diffamazione contro la mia persona che mi ricorda quella della caccia alle streghe. Condotta scientificamente da una persona a cui non riconosco nessuna intelligenza ma solo espressa ed untuosa meiserevole e disdicevole decadenza. Il suo ruolo comunque è significativo e prima o poi questa contraddizione deve all'occhio di un paese essere vista nella giusta e piena luce. Quando vi renderete conto di quello che è stato fatto capirete perchè Pachino è cosi ridotta e che cosa si cela dietro a questi ritardi strutturali che qualcuno criminosamente vorrebbe controllare per averne all'assoluto dominio.