«Marzamemi osservatorio mediterraneo»

«Marzamemi osservatorio mediterraneo» MARZAMEMI - E' tempo di Mare Nostrum: incombente, prevedibile, onnipresente, dalla filosofia al vino. Ma per loro, il Mediterraneo è sempre stato oltre ed altro che una bella trovata, a metà tra il goethiano e il «glocale». Per la piccola grande officina di idee del Festival del Cinema di Frontiera - quest'anno celebra in settima edizione, dal 24 al 29, nei luoghi deputati di Marzamemi, dalla Piazza ai Cortili - le «frontiere» non hanno mai obbedito alle regole dell'atlante. «Per me i confini non sono mai stati elementi geografici - spiega il direttore artistico, Nello Correale, al timone insieme con Turi Pintaldi e Sebastiano Gesù - Per conto mio ho sempre pensato ai confini più abissali, più profondi e più permanenti che riguardano la coscienza degli uomini. E dunque frontiere culturali, morali ed etiche che fanno capo a linguaggi e tradizioni "di frontiera"».

E non a caso, quest'anno il Mediterraneo non è nel Mediterraneo...

Correale: «Si parte dall'Africa per arrivare all'Asia della Cina e dell'India ed anche in questo caso non ne farei un reportage geografico: il confine torna ad essere ciò che chiama in causa la "frontiera" etica, la differenza tra scelta e confronto. Un principio in cui rientra di diritto uno dei film-manifesto del Festival, Viaggio in India di Makhmalbaf ma non meno In memoria di me di Costanzo ed il film di Battiato (che ci ha preferito al Festival di Roma per presentarlo in anteprima), un vero e proprio dialogo teologico. Ed anche Il matrimonio di Tuya non è "frontiera" solo perché riguarda la Cina di oggi al confine con la Mongolia ma perché pone al centro la scelta morale di una donna tanto determinata a sposarsi quanto a non mettere da parte il marito precedente. E financo Io, l'altro, il film prodotto ed interpretato da Raoul Bova, non descrive la "frontiera" tra Sicilia e Tunisia (che pure è il set della vicenda) ma la necessaria scelta morale dei protagonisti». Ed anche il cinese Jia Zhangke - Leone d'Oro a Venezia con Still life, assai poco «frequentato» se non del tutto latitante dalle sale italiane - è un «bruciafrontiere» quando dice che negli anni '80 i registi della «Quinta Generazione» erano dei veri eroi perché avevano tirato fuori la Cina dagli stereotipi ma che adesso non raccontano più il Paese, «mentre il mio modo di fare cinema mi permette di descrivere la realtà cinese senza distorcerla».

E' questa la ragione che lo vede in prima linea nella sezione monografica del Festival?

«Non solo. Il nostro è un Festival e non una rassegna sicché non smette di fare ricerca: il cinema coreano è altro da Kim Ki Duk così come quello cinese non è solo Zhang Yimou. Zhangke lavora da tempo dietro la cinepresa eppure è sfuggito a molti - non certo ai "Cahiers du cinéma" che gli ha dedicato la copertina. Ebbene, il compito di un Festival è anche quello di indagare su un confine di linguaggio, di coscienza critica, e di aprire fineste su altri mondi, popolari o impopolari che siano. E, non ultimo, di dare soddisfazione a quella fascia di cinéphile che costituiscono, loro pure, la nervatura del popolo del cinema».

Con un'attenzione ragguardevole - «Monterey pop» è un precendente immenso, a proposito - ai «tossici» dei film musicali.

«E' l'anniversario di Monterey pop, del '67, da cui sarebbero "nati" più avanti altre pietre miliari come Woodstock. Qui ci interessa sollecitare la frontiera generazionale tra i sessantenni ed i loro figli "costretti" a confrontarsi con icone inarrivabili come Jimi Hendrix». Per il futuro, un «banchetto» tutto da consumare, quello concernente Werner Herzog. E poi?

«Marzamemi è matura per diventare non solo un punto di visione ma di produzione, un faro in grado di memorizzare ed analizzare ciò che succede negli altri paesi del Mediterraneo (dove peraltro esistono 21 festival cinematografici). Un osservatorio».

Anteprima di Makhmalbaf in concorso



La cinquina dei film in Concorso internazionale (piazza Regina Margherita ore 21) prevede Viaggio in India di Makhmalbaf (anteprima internazionale), Daratt di S. Haroun, Il matrimonio di Tuya di Wang Quanan, Io, l'altro di Mohsen Melitti, Il destino nel nome di Mira Nair. La sezione monografica è per Jia Zanghke, regista cinese della «Sesta Generazione» già Leone d'Oro a Venezia con «Still life», di cui si presenta «Platform» (2000), «Unknown pleasures» (2002), «The world» (2004). Quattro film in omaggio a registi italiani - «In memoria di me» di Saverio Costanzo, «La vita che vorrei» di Piccioni, «Rosso Malpelo» di pasquale Scimeca e «Niente è come sembra» di Franco Battiato (anteprima nazionale) e ciascuno di loro accompagnato da regista e protagonista. Ospite d'eccezione, Valeria Golino, protagonista di «Respiro» di Crialese, «Texas» di Paradivino e «La guerra di Mario» di Capuano, previsti in programma. Per la sezione documentari: «Gulu» di Luca Zingaretti, «Baba Mandela» di R. Milani, «This is my sister» di G. Piperno, «Asekon's journey» di A. Sermoneta. Per «quelli della notte», quattro film sulle icone rock: «Rize - alzati e balla», «Monterey pop», «Crossing the bridge - The sound of Instanbul», «Neil Young: hearts of gold» ed il consueto rito del Muto con «Derlezte Mann» (L'ultima risata) di Murnau.

C. Ce.
Fonte: LaSicilia.it il 21-07-2007 - Categoria: Cultura e spettacolo

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