La Santa degli stranieri festeggiata in parrocchia

La Santa degli stranieri festeggiata in parrocchia PACHINO - Sono state date alle stampe nei giorni scorsi tre riflessioni del diacono e poeta Salvatore Cagliola, religioso ed uomo di cultura, su Santa Giuseppina Bakhita, suora canossiana festeggiata nelle settimane scorse dalla comunità parrocchiale in cui Cagliola svolge le sue funzioni religiose. Santa Bakhita era una suora di colore, nata nel Sudan. Fu rapita all'età di nove anni e venduta come schiava dopo essere stata sottoposta ad inaudite sevizie. Riscattata e resa libera dal console italiano di Kartum Callisto Legnani, venne condotta in Italia e trovò ospitalità in una famiglia veneziana di cristiani osservanti che la avvicinò alla cristianità. Santa Giuseppina Bakhita venne battezzata nel 1890, e tre anni più tardi, dopo avere ricevuto la cresima chiese di farsi suora. Da religiosa fece i servizi più umili, facendosi amare per la sua dolcezza ed umanità. Di lei il diacono Salvatore Cagliola, che ne ha ricostruito le fasi della vita, dice: "La madre moretta era sempre disponibile con tutti, ed è nota la sua propensione a dare una parola di conforto, un gesto di carità, un consiglio.

La sua morte, -continua- avvenne a Schio l'otto febbraio del 1947, già in odore di santità, e nel 1992 Papa Giovanni Paolo secondo la dichiarò beata. Venne fatta Santa durante il giubileo del 2000". Venerata particolarmente dalle suore Canossiane, viene ricordata come la suora dei poveri, dei disagiati e degli extra comunitari. "Bakhita significa la Fortunata, -spiega nelle sue riflessioni l'autore- provata dal fuoco del martirio anche se non dichiarata martire perché non morì per testimoniare la fede in Dio. Fu fortunata perché conobbe la santità come forza per superare i dolori dei martìri. Il suo corpo infatti venne straziato, la sua carne tatuata ed incisa con il coltello, e nelle sue ferite venne sparso del sale. Eppure questa creatura di Dio, -continua Cagliola- non ebbe mai una parola di condanna per i suoi aguzzini, anzi li perdonò, li scusò e li ringraziò, perché mediante loro, strumenti inconsapevoli della volontà di Dio, lei, l'antica schiava pagana, conobbe la fede. E' indubbio, -aggiunge il diacono-poeta- che la vita di questa suora deve suscitare in noi una grande riflessione».

Salvatore Marziano
Fonte: LaSicilia.it il 04-03-2004 - Categoria: Cultura e spettacolo

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