L'Italia fantasma di Renati Sarti 26/10/05

La tragedia dimenticata della nave Johan diventa invettiva in uno spettacolo con Bebo Storti

Attilio Scarpellini

Mercoledi' 26 Ottobre 2005
Per dar corpo alla loro Nave Fantasma, Renato Sarti e Bebo Storti hanno mobilitato tutto il teatro possibile: il cabaret e la narrazione, la satira politica e il teatro interattivo, la clownerie più sfrenata e, persino, l’intrattenimento televisivo, diventato parodia di se stesso in uno sgangherato quiz sulle navi dei dannati di ogni tempo e paese. E poi il cinema, il disegno animato… Tutto per resuscitare una storia che definire dimenticata è poco, dato che le cronache nazionali l’avevano semplicemente rimossa. Il 25 dicembre del 1996, 283 (duecentottantatré) persone provenienti dall’Asia muoiono in un tratto di mare tra la Sicilia e Malta mentre cercano di raggiungere le nostre coste.
Una strage clamorosa. Eppure, per mesi le autorità italiane non danno alcun credito al naufragio della carretta del mare dove i 283 erano segregati come i coolies nella stiva del Tifone di Conrad. Per anni i giornali ignorano quel che a Portopalo di Capo Passero sanno anche i muri: ci sono cadaveri impigliati alle reti a strascico dei pescatori. Ci vorrà un lustro perché i sommersi della “Johan” riaffiorino sulle pagine di Repubblica con un’inchiesta di Giovanni Maria Bellu. A partire da quella, Sarti e Storti hanno messo in moto una macchina teatrale la cui vitalità espressiva è inversamente proporzionale alla potenza dei mezzi impiegati. Sul palco del piccolo Eliseo di Roma, circondati da un’attrezzeria da commedia dell’arte, immersi in due tute, sono praticamente soli: Vladimiro ed Estragone in attesa del Godot della giustizia. Dire che “narrano”, come sempre più spesso il teatro italiano in tempi di carestia, è fargli torto. La nave fantasma il suo naufragio un po’ lo racconta, ma soprattutto lo mima, lo agita come una scatola da cui cadono gag, improvvisazioni, sberleffi e schiaffi (molti schiaffi) menati dallo straordinario mimetismo linguistico di Bebo Storti, impegnato in una estenuante sfilata di maschere: preti siculi, ammiragli romaneschi, politici lumbard.
A naufragare davvero, si capisce, non è tanto la nave dell’armatore pakistano Turab Sheik, quanto l’identità morale di un paese, l’Italia, che con lutti e tragedie intrattiene rapporti di leggendaria reticenza. Per smontare il muro di gomma dell’eterna commedia (all’) italiana, Sarti sceglie il cinismo della farsa, la parodia sconquassante e senza sconti. Il contrario di Benigni, insomma: su questa scena di umor nero, risate anarchiche e urti quasi fisici con l’ideologia padana, anche il lirismo sa di tradimento. Da bravi settentrionali, Sarti e Storti non si fidano nemmeno delle proprie iperboli. Quest’ultimo ha forse esagerato nella sua feroce imitazione di Borghezio? Pochi secondi e le parole registrate del vero Borghezio risuonano nel buio: è un discorso trafelato, sporco, strozzato dall’odio. C’è pochissimo da ridere. Lo spettacolo sale, ma la realtà scende, negli abissi liquidi dei senza tomba prende un suono mesto. Appena smettono di animare la loro Apocalisse comica, i due tornano a illustrare documenti o a seguire sulle mappe le rotte contorte dei mercanti di uomini. Il tono è colloquiale, quasi dimesso. Niente è più triste di una tragedia irrisolta raccontata nel camerino di un clown.

La Nave Fantasma
di Giovanni Maria Bellu, Bebo Storti, Renato Sarti
regia di Renato Sarti
Fonte: lettera22.it il 27-10-2005 - Categoria: Cultura e spettacolo

Lascia il tuo commento
Cerca su PachinoGlobale.net