L’anti-eros di Brancati: La rilettura nei Meridiani Mondadori svela uno scrittore in cerca di spiritualità

Una riproposta che può meravigliare, questa di un nuovo tutto-Brancati (un volume oggi e ben presto un altro a completamento)dopo che, poco più d’una decina d’anni fa (’87-’92), l’editore Bompiani ci aveva già provato. Meraviglia, però, ma non troppo, perché senza soluzione di continuità, letteratura, cinema, radio, tv, hanno tenuto ‘in caldo’ lo scrittore di Pachino, nato nel 1907 e prematuramente scomparso quarantasettenne per un imprevisto chirurgico presso una Clinica universitaria di Torino. Si tratta di Brancati.Romanzi e saggi,ultimo dei mitici Meridiani Mondadori (pp.CXXII-1178, €49 euro), curato da Marco Pondero,più una poderosa introduzione di Giulio Ferroni. Stando l’immutabilità dell’opera, una novità c’è: che Brancati non ha più bisogno di pinze per essere trattato. La sua rivincita, oggettiva e ideale, contro un destino insulare fatto di mortificazione e provincialismo, abulia storica e secolare soffocamento, è da tempo completa.

Meridionale non oleografico, bensì struggente e distruttivo, Brancati l’ha vinta sul piano esistenziale e morale. Le sue ripetute pagine d’argomento vitalistico, erotico, virilista, sono nell’archivio storico della letteratura italiana contemporanea come pagi- ne di denuncia, come volontà di trascendimento della cronaca e della storia e, infine, come desiderio di profondità spirituale. L’esser stato, inizialmente, vittima ideologico-pratica del regime e della sua ‘mitologia’ sessuale, non è mai stato rile- vante in passato(figuriamoci oggi!) se non in rapporto al mo mento in cui Brancati si è accorto dell’errore: che è stato subito, e che quindi equivale a un pregio, non a una macchia. Ferroni stesso, nel suo intenso saggio prefativo, se insiste sul risvolto politico, non lo fa certo per caricare d’alcun- chè la brancatiana ingenuità giovanile, bensì per caratterizzarne la repentina, esemplare, singolarissima ‘fuga’, ricavandone «…una impietosa critica alle ideologie e alle forme di comportamento totalitarie, agli effetti perversi della nella stessa vita quotidiana». Ripudiata la sua opera prima del ’34 (il presente Meridiano raccoglie, infatti, il nostro autore solo da Singolare avventura di viaggio in poi), si pensò a una sorta di sua tor- re d’avorio, mentre discrezione, e relativa solitudine, furono in lui, semmai, insofferenza della massa e della massificazione, cui corrisposero buon gusto, buona fede, giudizio morale, esenzione dalla volgarità. Alla serie dei suoi titoli più noti (da Gli anni perduti e da Don Giovanni in Sicilia, del ’41, a Il bell’Antonio, 1949, all’incompiuto Paolo il caldo, uscito postumo del ’55), fu sempre e soprattutto un gran parlare di mitizzazione sessuale, ossessione gallista, desiderante attesa di erotici prodigi e dongiovannistici vagheggiamenti. Ci fu perfino chi sintetizzò, nel suo lavoro, frustrazione erotica, incapacità di equilibrio morale e di responsabile libertà dai sensi. Alla rilettura dei suoi capolavori, e nondimeno della sag- gistica annessa al presente volume, ci si accorge invece di ben altro, anzi, in parole povere, dell’opposto. Perché Brancati è stato il più verticale contestatore della negatività del sesso ridotto a evaporazione istintuale, dissipazione di sé, psicopatologia maschilista e finale lussuria. In parole altrettanto povere, della riduzione dell’essere a corpo.

di Claudio Toscani
Fonte: LaProvinicadiCremona.it il 31-08-2003 - Categoria: Cultura e spettacolo

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