L'agricoltura sostenibile può nutrire il mondo

Lo svizzero Hans Herren, specialista in questioni agricole: "La fame può essere sconfitta". I paesi ricchi devono sostenere di più educazione e ricerca.


Il tema di quest'anno scelto dalla FAO, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura, è dedicato al rapporto tra le culture e l'agricoltura.

LA FAO ricorda che nel corso della storia il movimento interculturale di colture e specie di bestiame rivoluzionò la dieta dell'uomo e contribuì a ridurre la povertà. Ma il dialogo tra culture non si limita a un mero scambio di tecnologie, sementi e specie animali.

Molti insegnamenti si possono trarre dall'esempio di culture che lottano per nutrire una popolazione in crescita senza compromettere le risorse naturali a scapito delle generazioni future. Il dialogo interculturale tra i paesi in via di sviluppo è dunque più che mai fondamentale.
Ragion per cui è necessario che governi e agricoltori possano fare capo alle nuove tecnologie, come la manipolazione genetica, per aumentare la produttività.
Hans Rudolf Herren ritiene comunque importante valutare con attenzione ogni passo e ogni opzione prima di prendere dei provvedimenti.

swissinfo: Un'ampia maggioranza della popolazione mondiale soffre di malnutrizione. Gli scambi interculturali, come proposto dalla FAO, costituiscono una soluzione per alleviare la fame?
Hans Rudolf Herren: Penso che ci permettano di comprendere meglio l'impatto della fame indicando nel contempo come vincerla. C'è cibo in abbondanza, ma non sempre al posto giusto.
Tant'è che le sovrapproduzioni creano davvero seri problemi a coloro che non producono a sufficienza: incidono negativamente sulle possibilità di aumentare il rendimento produttivo e, di conseguenza, di rispondere ai bisogni di una popolazione che scivola verso la fame.

swissinfo: Uno degli Obiettivi di sviluppo del Millennio è di ridurre la fame nel mondo. Secondo lei paesi come la Svizzera stanno facendo abbastanza?
H.R.H.: No, non si fa abbastanza. La dimostrazione è sotto i nostri occhi: troppe persone vivono ancora nella morsa della fame. Ma non si fa neppure abbastanza per alleviare la povertà, creare occupazione e opportunità di guadagno per le persone che soffrono la fame.
E se sono affamate è perché non hanno i mezzi per comprare cibo o perché mancano gli incentivi alla produzione. Occuparsi della povertà ci permetterebbe di preoccuparci del problema della fame.
E su questo punto i governi dovrebbero fare di più. Non si tratta di distribuire denaro a caso, ma di offrire condizioni e strumenti per aiutare la gente a vivere.

Ci vorrebbe maggior impegno da parte dei paesi ricchi nello sviluppo delle opportunità nei paesi poveri.
I contadini, per esempio, hanno bisogno di essere seguiti con cura nella loro formazione, visto che non vi è alcuna predisposizione genetica....Per avviare un discorso di agricoltura sostenibile è pertanto necessario investire nell'educazione e nella ricerca.

swissinfo: A che punto siamo?
H.R.H.: Ciò che occorre è una maggiore ricerca mirata, che tenga cioè conto dei diversi bisogni nelle differenti regioni.
Insomma, non credo che si debba incrementare la ricerca su come far crescere il granoturco, bensì orientarla nella diversificazione dell'alimentazione di base.
Più ricerca significa anche rilanciare colture tradizionali abbandonate, contribuendo così al reale sostentamento dei contadini.
Ci sono un sacco di studi da portare avanti su come far rinascere ed incrementare le colture tradizionali riportandole al centro della produzione. Ciò permetterebbe di migliorare l'alimentazione e la salute dei Paesi in via di sviluppo.

swissinfo: Certi paesi africani hanno accettato di introdurre organismi geneticamente modificati (OGM) per assicurare la varietà nella colture. E' davvero un'opportunità?
H.R.H.: Occorre dapprima verificare se esiste effettivamente un bisogno di colture diversificate. Ci sono varietà di piante che possono rendere molto di più di quanto fatto finora.
Le vere costrizioni sono altrove, come la fertilità del suolo e il sistema agronomico. Di conseguenza la cosa più urgente è di investire maggiormente nelle ricerche agronomiche e nell'agricoltura sostenibile.
Sostenere l'agricoltura nei Paesi in via di sviluppo significa dare alle popolazioni gli strumenti per prendersi cura della terra, del suolo, piuttosto che puntare su sistemi industriali che, per finire, li conducono alla povertà.
Se le biotecnologie rientrano in questo discorso, non mi faccio alcun problema. Ma prima di spendere milioni per qualcosa che non necessariamente produrrà maggiore cibo, è meglio verificare altre soluzioni.

swissinfo: Lei pensa che nei paesi ricchi il ricorso alle manipolazioni genetiche sia piuttosto una questione politica?
H.R.H.: Non solo ha molto a che fare con la politica, ma anche con l'economia. Le società americane fanno pressione affinché si adottino queste tecnologie; in Africa e in altri continenti ci sono dei veri e propri "lobbisti" all'opera.
Forse queste tecnologie hanno degli aspetti positivi, ma ci sono alternative molto meno costose. Del resto le ricerche del mio istituto vanno in questa direzione: mostrare come sia possibile introdurre metodi di lavoro molto più vicini ai contadini.
I contadini africani non possono neppure permettersi i fertilizzanti, figuriamoci le tecnologie genetiche.
Penso davvero che non sia la cosa giusta, né al posto giusto, né al momento giusto. Dobbiamo orientare i contadini verso soluzioni praticabili nel solco del discorso dello sviluppo sostenibile, come promosso dalla FAO.
Fonte: Swissinfo il 23-11-2005 - Categoria: Cronaca

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