«Il vino resta nelle cantine. I politici devono muoversi»

Tra concorrenza estera e "schiavi polacchi".

Nel nord della Puglia le tensioni sociali scaturenti dalla difficile situazione dell'agricoltura hanno iniziato la loro devastante escalation.Lo scorso anno e a maggio, analoghi fenomeni, fortunatamente senza morti, erano scoppiati nel Metapontino. Preannunciando i disordini e le conseguenze della crisi, i cui effetti si vedranno fra poco anche nel sud Puglia, il 20 giugno ho scritto ai nostri parlamentari ed al sottosegretario Mantovano. Concludevo con "...l'augurio che vogliate operare di concerto, data l'estrema gravità della situazione economica e le possibili conseguenze future".
Salvo l'onorevole Gino Pepe, che ha preso un trattore ed è andato a protestare a Roma, ho avuto in risposta solo parole, promesse di incontri dopo le ferie e nulla più. In questi giorni mi è stato chiesto perché la protesta sia a Foggia e non da noi.
La risposta è che nel Salento abbiamo smesso da anni la coltivazione del pomodoro e del grano e la massa delle nostre uve arriverà a maturazione a metà settembre e, solo allora, cominceranno i dolori.

Conosco perfettamente i tre settori di crisi. Grano: sino al '95 veniva pagato 25 euro a quintale e 30 euro di spesa di trebbia per ettaro, quest'anno ne hanno offerti 8 e richiesto 60 per trebbiare: ho preferito non raccoglierlo anche perché è, per me come per la stragrande maggioranza dei salentini, produzione marginale, ma a Foggia no, a Foggia, granaio d'Italia, ci vivono migliaia di famiglie sulle grandi estensioni. Qualcuno, provocatoriamente, ha invitato un famoso pastaio, che ha dichiarato di utilizzare solo grano australiano, a mettere sulla sua pasta un canguro invece del trullo! Passiamo al pomodoro. Ho smesso di coltivarlo e ne producevo oltre 10.000 quintali all'anno, nel '91/92 perché, indagando su strani fenomeni che si stavano verificando nel mercato, avevo scoperto che si importava il pelato dalla Spagna ai loro prezzi ed ai loro costi, enormemente inferiori ai nostri.Scrissi ad un vice presidente della Regione, che ritenevo amico, denunciando il pericolo di tale concorrenza sleale e la ricaduta che avrebbe avuto sulla nostra economia.

Nessuna risposta, scoprii allora che i politici sono amici solo sotto elezioni, poi, anche se chiedi il loro intervento per il bene della collettività, si sciolgono, con le dovute eccezioni, come neve al sole. E tutto il Salento abbandonò la coltura del pomodoro, tranne qualcuno che ci ha sempre rimesso o chi non ha nulla da perdere: sto parlando di una figura misconosciuta "i nullatenenti", che affittano i terreni e fanno produzioni con molta manodopera, tanto i contributi agricoli, che sono il cancro della nostra misera agricoltura, non li pagheranno mai, perché l'Inps non ha nulla su cui agire. E mi sono sempre chiesto come facessero nel Foggiano ad andare avanti; poi giorni fa ho letto degli "affittuari" che protestavano; era noto il fenomeno della manovalanza nera sfruttatissima ma quest'anno è scoppiato addirittura lo scandalo degli "schiavi" polacchi. Ci possiamo chiedere sommessamente dove sia l'Ispettorato del Lavoro?
E non basterebbero due elicotteri per identificare le colture?
E passiamo all'uva.

Prima distinzione fondamentale è che nel Foggiano l'uva da vino, coltivata a tendone, ha una resa ettaro di tre/quattrocento quintali; da noi, spalliera o alberello, ottanta/cento!
Non riesco a capire come il loro accordo economico di questi giorni possa essere "estensibile" al resto della Puglia: concorderete tutti che una cosa è avere un aiuto di 1,5 euro moltiplicato per 400 quintali (oltre per il prezzo garantito di 15 euro a quintale), altra cosa sui nostri 100 quintali.
Giustamente l'ex ministro Paolo De Castro ha sottolineato la beffa; alla domanda del giornalista: "Dunque, tra un po' si ripresenterà il problema? risponde: "Certo, visto che si aiuta la quantità mentre chi produce 80-90 quintali per ettaro nel Salento, cioè uva di maggior qualità, viene beffato".
Adriana Poli Bortone esulta, almeno così è scritto sui giornali: potrebbe spiegare il perché ai produttori del Salento?
Lo scorso anno il nostro pregiato chardonnay fu venduto a 60 euro a quintale, quest'anno a 30!

Il primitivo doc di Manduria venduto lo scorso anno ad oltre 100 euro al quintale, quest'anno non ha prezzo, nel senso che non lo chiedono, e se prezzo ci sarà, sarà la metà della metà, con produzioni di 60/80 quintali ettaro! Per non parlare del famosissimo negroamaro venduto lo scorso anno a 30 euro, quest'anno a quanto sarà chiesto e, soprattutto, avrà un mercato? Sono cifre che portano al fallimento, perché condurre un ettaro di vigneto costa molto di più di quanto si possa ricavare.
Un prodotto di qualità deve essere limitato nella produzione e pretende molta manodopera, ma l'anno scorso l'uva finì quasi tutta nelle cantine che ora sono piene: e l'uva dei prossimi giorni dove andrà?
Per le strade?
Sono consigliere di un Consorzio di tutela doc e il 27 maggio la Federdoc scriveva, allarmata, che la Comunità aveva deliberato la distillazione di crisi per la Francia 1.500.000 hl di vini doc, per la Spagna 4.000.000 di hl di vino da tavola su 6.500.000 richiesti, per la Grecia 40.000 doc su 80.000 richiesti.
E l'Italia?
Lo avrebbe chiesto "nei prossimi giorni", scrivevano a fine maggio, per 6.000.000 hl di vino da tavola, ma fino ad ieri non lo ha ancora fatto. E quando interverrà?
Quanto tempo passerà per svuotare le cantine almeno per accogliere e lavorare il prodotto di quest'anno?
A tutto questo aggiungiamo i controlli limitati all'aspetto cartaceo: per un mistificatore arrestato, quanti riescono a sfuggire?
La concorrenza del Cile, dell'Australia, della California; quella futura della Cina, già aziende italiane hanno acquistato terreni e nostri tecnici sono all'opera, i problemi legati all'Ogm ed ai costi più bassi dovuti anche a quelle piante più resistenti: chi andrà in Cina o in Cile a controllare?
Ho letto personalmente una mail inviata ad uno dei più seri e vecchi produttori del Salento dal loro rappresentante inglese: una grande catena di distribuzione annullava il contratto perché aveva trovato un Salice Salentino doc di "soddisfacente" qualità ad 1 euro e 50 a bottiglia!
Ma com'è possibile se i costi vivi di una bottiglia di media qualità sono quelli?
Cercate di immaginare cosa potrebbe accadere se tutti dovessero abbandonare i vigneti, come accadrà se la politica rifiuterà di affrontare strutturalmente e definitivamente i problemi.
Siamo alla fine, abbiamo finito con il grano, poi abbiamo abbandonato il pomodoro, poi le bietole, ora tocca all'uva: quei simpaticoni dei politici della prima Repubblica almeno ci mettevano di buon umore, venivano nel Mezzogiorno con la simpatica faccia di bronzo a proporre le colture alternative, tutte tropicali, potenza della fantasia dei politici professionisti: banane, avocado, jo-jobba (che è un arbusto del deserto messicano che produce o dovrebbe un olio per i "missili"): non sto scherzando, è tutto agli atti e tragicamente documentato.
Avremmo potuto aggiungere, sul ritmo della canzone di Paolo Conte, anche mirtilli e lamponi e "onda su onda" affondare allegramente nel mare delle parole.
Oggi fanno spallucce e dicono "è la globalizzazione", come se fosse l'ineluttabilità del fato delle tragedie greche, invece è solo l'incapacità e la mancanza d'interesse da parte dei padroni dell'Italia, presi dai loro problemi di potere strettamente politico ed economico».

Beppe D'Ercole
Fonte: Greenplanet.net/Gazzetta del Mezzogiorno il 04-09-2005 - Categoria: Economia

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