Il pomodoro di... Pechino

Da Pechino alla conquista di Pachino e della produzione italiana di pomodori. Il colpo grosso è stato messo a segno in questi giorni in Francia. Il patron del colosso cinese di produzione e trasformazione del pomodoro «Xinjiang Chalkis», Liu Yi, ha acquistato il 55 per cento della «Conserves de Provence», leader francese del pomodoro trasformato e ha fatto una buona offerta per l'acquisto della Cirio-De Rica, leader della produzione di pelati in Italia. In parole povere l'ombra della Cina incombe ormai sul pomodoro italiano (e purtroppo anche su quello siciliano) che equivale al 58 per cento della produzione Ue, mercato, però, già minato, negli anni, dalla infiltrazione soprattutto del concentrato di pomodoro cinese che viene mescolato col prodotto italiano, finendo, infine, sulle nostre tavole come prodotto al 100 per 100 «made in Italy».
Il meccanismo di «invasione» del nostro mercato e dell'intera Europa si è già messo in moto. Dalla Cina arriveranno in Provenza, per poi essere trasformate e vendute, 25 mila tonnellate di concentrato, pari a 120 mila tonnellate di pomodoro. Ma se da un lato il concentrato preoccupa poco i produttori siciliani e italiani in genere, il prossimo passo del colosso cinese è quello di concorrere con i produttori europei di polpa e pelati, mantenendo la materia prima in casa, dove la manodopera costa «zero» e trasferire poi il prodotto in Francia e da lì in tutta la Ue. A conferma delle mire espansionistiche nel vecchio continente del colosso a «occhi a mandorla» ci sono le clausole del contratto francese. La Chalkis si è impegnata ad assorbire per i prossimi dieci anni la produzione dei contadini francesi. Ma si è però preparata a invadere sin da subito l'Europa aggiungendo alle 60 mila tonnellate fornite dai produttori francesi, 120 mila tonnellate di materia prima cinese. «Sarebbe la fine per molte piccole aziende e la crisi delle grandi società italiane - spiega un responsabile di una grossa cooperativa agricola di Pachino, che produce principalmente «pomodorino» fresco -.

Per fortuna il nostro prodotto di nicchia, il pomodorino, ha avuto riconosciuto il marcio Ipg che ci tutela. Ma quest'anno anche noi abbiamo subito una contrazione del prodotto fresco, seppure leggera. E in questi periodi di crisi economica un prodotto che costa meno è molto più appetibile. Se la Cina dovesse giungere sui mercati europei sarebbe un disastro, forse alla lunga anche per noi». Per la Coldiretti si tratta dell'ultimo capitolo della «precisa strategia di aggressione» del mercato europeo del pomodoro, un affronto reso possibile dalla mancanza della trasparenza sulla provenienza degli alimenti commercializzati. «L'unica speranza sono i dazi - spiega Orazio Spadaro, titolare col fratello della «Giovanni Spadaro e figli», azienda di Ispica del pomodoro da conserva -. Ma sono sicuro che in Europa, viste le nuove normative sarà impossibile trovare una soluzione che tuteli sino in fondo il nostro mercato. Sino a quando in Italia arrivava solo «concentrato» il problema non si era posto, visto che nel nostro Paese solo al sud si utilizza questo prodotto. Ma adesso i cinesi, col pomodoro a pezzi e i pelati, daranno molto fastidio». Ma non è solo il pomodoro cinese a preoccupare i nostri agricoltori, che, pur producendo prodotti di altissima qualità, riescono a malapena a restare a galla in un mercato mondiale in continua evoluzione. «L'Italia se non corre ai ripari sarà tagliata fuori e perderà anche quelle piccole fette di mercato che resistono - continua Orazio Spadaro -.Oggi, per esempio, in Europa quasi il 90 per cento delle patate novelle vengono dall'Egitto. Neanche il «biologico» è immune da questa rivoluzione. Molti produttori francesi, spagnoli e anche italiani hanno trasferito le aziende biologiche nei paesi del nordafrica, dove la manodopera è irrisoria e si aggira sui 2,5 euro giornalieri contro i nostri 40, ai quali dobbiamo aggiungere anche i contributi».
«I produttori siciliani hanno soltanto la qualità come difesa - commenta Sebastiano Latino, titolare della «Pachino Doc», azienda impegnata nel prodotto fresco e nei pomodori secchi - ma è necessario un intervento forte delle nostre autorità. Al momento il nostro mercato di «fresco» non ha subito forti contraccolpi, ma chi oggi produce zucchine ha visto ridursi il suo mercato per via della concorrenza che arriva dal Marocco. Dal Kenia, invece, arrivano i fagiolini. Il «ventre molle» dell'Europa è la Spagna, paese dal quale transitano immense quantità di prodotti nordafricani. Un capitolo a parte meriterebbe la Turchia che esporta pomodori secchi tipo «San Marzano» a 2,5 euro al chilo contro i dieci euro/chilo della nostra produzione».

Giuseppe Bonaccorsi
Fonte: LaSicilia.it il 18-04-2004 - Categoria: Cronaca

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