Il federalismo della Lega e gli "ammuccalapuni"

Attingendo ai ricordi scolastici, riscopro l'antico orgoglio di appartenere a una terra di santi, di eroi, di poeti, di navigatori. Verrebbe, però, di aggiungere, sicilianamente, di...«ammuccalapuni», o di bevitori di panzane. Come quei sempliciotti di un tempo che, con la bocca a pesce defunto e il naso all'insù, attorniavano l'imbonitore di piazza che, dall'alto di un podio improvvisato, declamava l'elisir di lunga vita, la panacea per tutti i mali, l'unguento miracoloso per far crescere i capelli e qualcos'altro. Ecco, buona parte degli italiani d'oggi mi sembrano come quei semplicioni che compravano il miracolo in bottiglia. Non altrimenti si potrebbe spiegare come possa essere stata votata, dalla maggioranza dei parlamentari alla Camera, il primo passo per ricostituire l'Italia del Settecento, con il Lombardo-Veneto, propedeutico alla rinascita - e perché no? - del Granducato di Toscana, dei Ducati di Parma e di Modena, dello Stato Pontificio, del Regno delle Due Sicilie, con possibilità che i Savoia reclamino il Piemonte e la Sardegna. A Bergamo - nella giornata di festa per la conquista del primo atto del federalismo - si è parlato bergamasco, veneto, piemontese, quasi che la lingua italiana fosse sinonimo di tradimento, un insulto ai nordisti. E gli stessi rappresentanti della Lega al Parlamento - che a Roma saltavano al grido di «Chi non salta, italiano è!» - non hanno nascosto sentimenti isolazionisti. Non soltanto in fatto di scuole, polizia, sanità, soprattutto in tema fiscale, puncutm dolens della politica leghista, nella radicata convinzione che a pagare le tasse per l'intera comunità della Penisola siano quelli del Nord, mentre il resto - «Roma ladrona» - vive del loro lavoro, delle loro fatiche, dei loro risparmi. Ciò che riesce arduo digerire è l'acquiescenza di deputati che - a prescindere dal loro credo politico - non sono affatto privi di capacità analitica.

Perché non comprendano, cioé, come questa frattura complichi l'ordine pubblico, discrimini la sanità, accentui quegli antagonismi di cui abbiamo saggi negli incontri calcistici, quando sugli spalti sventolano scritte come «Dolce Etna, facci godere», oppure «Giulietta è 'na zoccola». Un lungo pezzo di storia patria nel mondezzaio, la memoria risorgimentale ridotta a soap opera, sacrifici e lotte e guerre viste da una angolatura miope. Occorrerà munirsi di passaporto per passare il Rubicone, avere in tasca un contratto di lavoro o un permesso di soggiorno per entrare a Milano, imparare il lumbard per farsi indicare un indirizzo, un albergo, un ristorante. E pensare che proprio in regime fascista si pensò di amalgamare il popolo aiutando la trasmigrazione dal Sud verso il Nord e viceversa, per creare una mgliore conoscenza fra gente diversa per costumi usi, e parlata, una finalità tesa all'unità nazionale, alla compattezza di gente perché avessero uguali sentimenti e interessi sociali comuni.

Franco Siclari
Fonte: LaSicilia.it il 31-03-2004 - Categoria: Cronaca

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