Ho saputo - dico ad Anna Proclemer

Ho saputo - dico ad Anna Proclemer - che sta scrivendo una lunga lettera, una lettera d'amore, a Vitaliano Brancati, di cui Mondadori pubblica l'insieme dell'opera, romanzi e saggi (nei Meridiani, a cura di Marco Dondero e Giulio Ferroni) mentre arrivano i cinquant'anni della sua prematura scomparsa, a 47 anni, in una clinica di Torino. Fino al'ultimo Brancati aveva lavorato a Paolo il caldo, autobiografia in maschera di un uomo di mezz'età innamorato della moglie, che sulla terrazza dell'Hotel Baglioni di Firenze ricorda con struggimento l'incontro con la donna della sua vita: quella ragazza trentina “dal bellissimo volto, in cui due armoniosi sopraccigli segnavano il termine fra una dolcezza sconsolata e una calma genialità”, che nell'inverno del '41, nel teatrino dell'Università di Roma, recitava il finale di Zio Vania davanti a una commissione. «Ma il nome non c'è» dice Anna Proclemer. No, siamo in un romanzo. Ma sappiamo che fu così. Il suo nome, del resto, non figura una sola volta nel volume dei Meridiani se non nella cronologia di Dondero. Evviva il pudore dei sentimenti. «In 'Nusso' il pudore e la passione facevano tutt'uno.

Mi sono trovata a scrivere che siamo stati amanti casti e ardenti, con la paura della lussuria. Leggendo i suoi libri avevo capito di avere trovato il mio Pigmalione, mi sentivo ricettiva e appassionata ma lui temeva, con me, di contaminare una creatura celeste; e tratteneva la sua sensualità. Nusso mi manca adesso più di quando, con le mie ambizioni di attrice e le mie tournées, giravo per l'Italia mentre lui restava a Roma o a Catania». Quando leggeremo la sua lettera? La voce di Anna è ancora quella di quando recitava Caro Bugiardo di Kilty sulla corrispondenza fra Shaw e la Campbell: nitida, giovane, armoniosa: «Quando? Non so. Presto, spero. Gli appuntamenti con la memoria sono complicati. Alla mia età si è stanchi, si resta con i ricordi. Sono stata tentata di scrivere ad alcune persone». Guerrieri, De Sica? Gassman col quale fu in tournée con l'Amleto quando le cose con Brancati non andavano bene? Gli amici comuni del Caffé Rosati? Albertazzi? «Quella a Nusso sarà la lettera più lunga. La più vera». Ancora il pudore dei “casti amanti appassionati”. Quando avevamo letto Lettere da un matrimonio, sul rapporto fra “lo scrittore più meridionale d'Italia”, come dice Ferroni nella bella introduzione (Pachino, dove Brancati nacque in un ambiente borghese, è all'estrema propaggine della Sicilia orientale) e la primattrice triestina “di calma, razionale intelligenza”, sulla coppia avevamo già potuto capire molte cose. Lui che “trasporta tra le luci e le ombre del Sud la tradizione ironica, quel senso del limite, dell'errore, della forza e insieme della fragilità della ragione che ha percorso la cultura laica dell'Europa moderna e gli autori da lui amati, Voltaire e Stendhal, Flaubert e Gogol”, come scrive Ferroni.

E lei, la Proclemer, cresciuta fra le montagne del Trentino e la bora di Trieste, di intelligenza ferma e disciplinata, portata alla forza drammatica dei classici, ma capace di arrendevoli dolcezze e indugi autoironici a forza di ragione, tanto da eccellere così in Euripide come in Giraudoux. Una coppia che si è cercata intensamente con la doppia passione dei sensi e dell'intelligenza, anche fra conflitti, qualche volta con dolore. Ma alla resa dei conti che stabilisce il tempo, quella miscela straordinariamente originale che rappresentò Brancati nel nostro Novecento, i suoi giochi comico-grotteschi sulla provincia siciliana e l'affanno pirandelliano della scomposizione razionale, il vezzo del travestimento dei sentimenti e delle idee anche sulla scena della sua narrativa, la caccia ilare e spietata condotta contro il conformismo in compagnia di Flaubert e Musil, l'eleganza dell'epicità salottiera di Stendhal, tutto questo non sarebbe stato possibile se accanto agli stimoli della cultura non avesse agito anche il “reagente sentimentale” della sua passione per Anna. Ne sono convinto, e glielo dico.

Il volume dei Meridiani è ricco di sorprese: si impara ad esempio che per Brancati il comico era soprattutto eroismo contro la stupidità, che la sua ironia era ben altrimenti sottile delle “commedie all'italiana” che sul gallismo del Sud tortuoso e impotente il cinema trasse dai suoi romanzi, che fra i suoi “maitres à penser” figuravano, insospettati, Montaigne, Benda, Bergson, Mounier. Il che dettava al suo “esprit de finesse”, in Paolo il caldo, questa riflessione quanto mai attuale, che avrebbe potuto sottoscrivere Mounier: “Dopo tante innovazioni sociali, ora bisogna far squillare nel mondo milioni di 'io' con la potenza di corni di Orlando”. Il percorso umano, e segreto, di Brancati è nella memoria di Anna Proclemer. Nel suo cuore di donna. Aspettiamo impazienti la sua lettera a Nusso.

di Ugo Ronfani
Fonte: Il Resto del Carlino il 20-08-2003 - Categoria: Cultura e spettacolo

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Si avvicina forse il giorno in cui Vitaliano Brancati avrà quel giusto riconoscimento letterario e soprattutto umano che merita un genio. Basti pensare che qualche giorno fa Raitre in una nota trasmisione mattutina ha dedicato una intera puntata a Brancati e al gallismo da lui splendidamente descritto. Finalmente a Pachino sono sempre di più i giovani che sanno chi è stato Brancati, cosa ha fatto... Le sue opere iniziano a circolare sempre più: l'Associazione teatrale di Sebastiano Cimino ha portato in scena ben due lavori di Brancati: il primo è "La governante", famosissima e celebratissima "commedia" sugli opposti e grotteschi scenari mentali che si incontrano e si contaminano sullo sfondo di una tragedia personale ed intima; la seconda, andata in scena una sola volta, ma spero ripetano in altre occasioni, è Il Bell'Antonio, romanzo celebre di Brancati, trasposto in forma teatrale dal bravissimo Peppe Drago (anche lui molto bistrattato a casa sua: singolare questo processo che vede Brancati, come Drago, celebrati altrove tranne che a Pachino... come a dire che non si è mai profeti in casa propria!) con suggestive trovate sceniche e ottime interpretazioni degli attori della compagnia di Cimino. Chissà quando le istituzioni dedicheranno attenzione e soldi per valorizzare strutture permanenti dedicate al grande scrittore che, anche se non può dirsi propriamente pachinese, a Pachino ebbe i natali e un legame affettivo che durò per molti anni. Da quel di Fano, in una notte brancatiana a scrutar le belle donne, Nofrio Conti, Cittadino