Era una situazione disperata, avevano bisogno

Era una situazione disperata, avevano bisogno PORTOPALO Sudici, affamati, disperati. Sono fissi nella memoria i volti di quei 151 clandestini incrociati nella notte nel mezzo del canale di Sicilia. Era partito da due giorni Corrado Scala col suo equipaggio il suo motopesca Cicho, andava in cerca di pesce spada al largo di Capo Passero, la punta più meridionale della Sicilia, quando quel barcone carico di disperati ha rivoluzionato la sua vita.

Era la prima volta che si imbatteva in clandestini e il suo Dna di marinaio lo ha guidato fino a loro. Ha salvato le loro vite, ma in meno di 24 ore da eroe si è ritrovato indagato per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
Ripensa a questa accusa, alle parole del magistrato che lo ha interrogato, e squote la testa sulla banchina di Portopalo, circondato da tutto il paese pronto a difenderlo.
«Abbiamo fatto solo il nostro dovere umanitario - si difende e ricostruisce i momenti più difficili di quella notte -. A ottanta miglia dalla costa abbiamo avvistato quella barca.

Ci siamo avvicinati e abbiamo visto una situazione disperata. I bambini piangevano, le donne erano rannicchiate in un angolo. Mio fratello ha anche praticato il massaggio cardiaco ad una ragazza che si sentiva male. Potevano comunicare solo a gesti, ma siamo riusciti a capirci ugualmente. Erano stremati».
Sono bastati pochi secondi e la decisione di soccorrere quei poveretti è stata unanime. «Ci siamo messi in contatto con la centrale operativa della Capitaneria di porto a Roma e via radio ci è stato detto di fare rotta su Malta, che distava solo sessanta miglia», spiega quei momenti concitati nei particolari il comandante Scala, 45 anni che va per mare dall'infanzia, per tradizione familiare, come tutti in quel paesino del Siracusano.

«I miei marinai hanno continuato ad accudire i bambini, hanno distribuito coperte, giacche, latte, pane, abbiamo dato i nostri vestiti - continua -. Ma quando i clandestini hanno captato dalle nostre parole che la direzione era Malta, hanno cominciato ad agitarsi. Le donne, che avevamo fatto salire sul nostro motopesca, hanno minacciato di buttarsi in mare. Non sapevamo cosa fare e abbiamo chiesto indicazioni via radio.
Ci hanno detto di fare ciò che ci sembrava più opportuno, anche di tornare in Sicilia, e così la situazione si è tranquillizzata».

Con la collaborazione della Guardia di finanza hanno fatto il resto, trainando il barcone verso il porto di Pozzallo, in provincia di Ragusa. Ma il magistrato che conduce le indagini sulla vicenda non crede a questa versione fino in fondo. «Noi ora ci troviamo senza il peschereccio, che è stato sequestrato, e ci sono 5 famiglie senza un lavoro» si dispera. C'è chi, come il presidente del consiglio comunale di Portopalo Corrado Scala (omonimo del comandante del Cicho), si indigna: «Sono innocenti. Una decisione come quella del magistrato è un messaggio chiaro per i pescatori: quando vedete in mare clandestini, giratevi dall'altra parte».

Ma l'uomo di mare no, non si lascia prendere dal rancore e, nonostante tutto quello che è accaduto, le indagini, il sequestro del mezzo, lo scandalo, non tornerebbe indietro.
«Abbiamo fatto quello che dovevamo - afferma -. Se dovesse capitare un'altra volta, lo rifarei con più voglia di adesso. Perché sono un marinaio e so che cosa significa perdere una vita tra le onde».
Fonte: L'Eco di Bergamo il 22-08-2002 - Categoria: Cronaca

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