Detenuto tossicodipendente s'impicca in cella

La prospettiva di dovere trascorrere in carcere più di un anno e mezzo, lo ha prostrato al punto che si è suicidato, impiccandosi. Claudio Scala, 26 anni, di Pachino, tossicodipendente, si è ucciso ieri notte nel bagno della sua cella, nel carcere di contrada Cavadonna. Divideva la stanza con altri due detenuti, ma questi non si sono accorti di nulla.

Mentre i compagni di cella dormivano, il giovane è entrato nel bagno, ha legato la cintura dell'accappatoio alle sbarre della finestra, si è passata l'altra estremità attorno al collo, e si è lasciato soffocare. Quando é stato trovato in quello stato non era ancora morto e per quasi un'ora si è avuta la speranza di poterlo salvare. La scoperta è stata fatta verso le 3. A quell'ora le guardie eseguono “la conta”, verificano, cioè, la presenza nelle celle dei detenuti. L'agente entrato nella stanza di Scala ha notato subito l'assenza del giovane e ha chiesto notizie agli altri due reclusi, trovati entrambi che dormivano. Hanno avuto subito la sensazione che fosse accaduto qualcosa di grave, visto che Claudio Scala, sin dal momento in cui era entrato in carcere, era apparso particolarmente depresso e aveva anche manifestato intenzioni suicide.

La guardia e i due detenuti sono corsi nel bagno e hanno trovato Caudio Scala impiccato. Immediatamente lo hanno liberato dal cappio che gli stringeva il collo. Il giovane era ancora vivo, anche se non riprendeva conoscenza. A bordo dell'ambulanza fatta intervenire per trasportarlo in ospedale, si è tentato di rianimare il detenuto, ma è stato tutto inutile. Lungo il tragitto, il cuore del povero Claudio Scala ha cessato di battere. Quando è arrivato al pronto soccorso dell'“Umberto I” i medici non hanno potuto fare altro che constatare l'avvenuto decesso.

Claudio Scala era finito in cella sabato scorso. Due le condanne che doveva scontare: una a un anno, tre mesi e 24 giorni di reclusione per spaccio di droga, un'altra a quattro mesi per avere disertato quando era stato chiamato a svolgere il servizio militare. I carabinieri avevano avvertito la direzione della casa di reclusione dello stato di profonda depressione dell'arrestato. La raccomandazione non era caduta nel vuoto: «Vista la situazione – afferma il direttore pro tempore del carcere di contrada Cavadonna Giovanni Mazzone – gli avevamo dato la possibilità di scegliere in quale cella stare. Aveva scelto quella dove si trovava un suo conoscente di Pachino ed era stato accontentato.

I compagni di stanza erano stati anche informati delle sue condizioni, affinché lo aiutassero. Purtroppo, tutte queste attenzioni non sono servite a niente». Claudio Scala, più volte arrestato per droga, in carcere non ci voleva tornare e poteva riuscirvi. Aveva, a quanto pare, le carte in regola per chiedere la sospensione dell'esecuzione della pena e l'affidamento al Sert, il servizio per il trattamento di disintossicazione dalla droga. Ma non ha mai presentato alcuna domanda. Aveva contattato il Sert di Noto, che è il più vicino a Pachino, ma si era poi posto il problema di come vi si doveva recare ogni giorno, visto che non aveva un mezzo e – diceva – nemmeno i soldi per l'autobus. Insomma, davanti a tanti problemi, apparentemente piccoli ma che lui sarebbero sembrati insormontabili, si sarebbe arreso, aggrappandosi solo all'impossibile speranza che la Giustizia si dimenticasse di lui. Una speranza che si è dissolta sabato scorso, quando a casa sua si sono presentati i carabinieri per eseguire il provvedimento di carcerazione.
Fonte: Gazzetta del Sud On Line il 09-07-2002 - Categoria: Cronaca

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