«Cinema per il Mediterraneo»

«Cinema per il Mediterraneo» di CARMELITA CELI

MARZAMEMI - E se Marzamemi diventasse una piccola, prepotente, personalissima Alessandria D'Egitto del Terzo Millennio, cellula aggregante di un Mediterraneo multiforme e multiculturale? Osare il passato al futuro si deve in progetti “di frontiera” come il Festival del Cinema di Marzamemi, pensato e lavorato e animato da Nello Correale, direttore artistico, Turi Pintaldi e Sebastiano Gesù, rispettivamente pilota della macchina organizzativa e storico del cinema nonché squadra della kermesse da oggi a domenica nel borgo marinaro già set cinematografico. Dunque se modello ci dev'essere, che sia la coltissima, irrequieta Alessandria di Alessandro Magno, Faro e Biblioteca al centro della terra. «Era in fondo ciò che teneva insieme il Mediterraneo - osserva Correale - Oggi più che mai abbiamo bisogno virtualmente di qualcosa che raccogliendo la documentazione dell'attività produttiva del Mediterraneo, il cinema in testa, tenga insieme le nostre frontiere». La prima frontiera a rompersi in termini di riflessioni, agnizioni e ricognizioni, si chiama Tuya, come la protagonista del film di Wang Quanan, primo dei cinque in Concorso internazionale. Un marito malato, due figli e ben 100 pecore costituiscono un carico improponibile anche per una donna forte e bellissima come Tuya che, consigliata dal consorte, accetta di divorziare da lui per rimettersi in cerca di qualcuno che si occupi di lei, figli, pecore e... marito dismesso. Solo un amico di scuola accetterà la sfida, mettendo in casa di cura il primo marito, Bater, che non manderà giù facilmente la sopraggiunta solitudine.

E di una Cina “diversa” racconta e fa vedere la VII edizione del Festival che riconsegna a cinefili e non, le tre produzioni principe di Jia Zhangke (Leone d'Oro 2006 a Venezia con «Still life»), regista cinese della Sesta generazione che sembra non scendere a compromessi con l'epica imperiosa, imperiale a volte financo accomodante di Yimou e gli altri della Quinta generazione, scorticando un realismo senza concessioni, nella Cina hic et nunc di «Platform», «The world» e «Unknown pleasures». «The scream of the ants» (L'urlo delle formiche) è invece il titolo originale della pellicola di Makhmalbaf domani sera in anteprima internazionale, con il titolo di «Viaggio in India». Un altro viaggio nel diario artistico dello “scomodo” iraniano di «Kandahar», in grado di squinternare le frontiere della cultura e della morale e che prende avvio dal più tradizionalmente “mieloso” viaggio dell'uomo (e della donna) ossia un viaggio di nozze che si muta in viaggio dello spirito. Per lei, accesa credente, per lui, ateo convinto e per il santone che detterà la svolta. Sono quarant'anni dalla benefica eplosione di «Monterey pop», tre giorni sacri tra “sacre” icone (Janis Joplin, gli Who di “My generation”, Jimi Hendrix) che apre la sezione dei film musicali oggi alle 23 al Cortile di Villadorata - ma ne sono più di 80 dall'incomparabile, inchiodante, brechtiano «Der letzte Mann», L'ultima risata ed anche l'ultimo capolavoro che chiude l'Era Murnau del Festival del Cinema di Frontiera (sabato alle 21, ensemble dal vivo), (in)felice storia di un portiere di un hotel di lusso declassato a guardiano della toilette alla fine erede di una fortuna che lo fa padrone dello stesso albergo. «I film dell'epoca del silenzio scelti da noi - spiega Correale - erano già allora avanguardia perché infrangevano le frontiere tematiche e tecniche del loro tempo».
Fonte: LaSicilia.it il 24-07-2007 - Categoria: Cultura e spettacolo

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