Un libro per non dimenticare il 25 dicembre di 11 anni fa

Un libro per non dimenticare il 25 dicembre di 11 anni fa Aggiungo alla segnalazione precedente la recensione di un libro da leggere, o da rileggere, proprio oggi che ricorre l'anniversario della tremenda disgrazia che colpì, e affondò, la speranza di 300 giovani che venivano in italia per superare la loro miseria e povertà.

Solo un modo per ricordarci e ricordare che ancora oggi quei corpi, o meglio, il ricordo di quei corpi, giace ancora in fondo al mare.

la recensione è tratta dal sito www.rassegna.it

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La catena dell'immoralità

di Davide Orecchio

I fantasmi di Portopalo
Giovanni Maria Bellu
Milano, Mondadori, 2004
pp. 230, euro 14,50

Spesso le inchieste nascono da un presupposto morale. La regola vale anche per l’inviato di Repubblica Giovanni Maria Bellu, quando, tra la primavera e l’estate del 2001, si mette sulle tracce di un naufragio fantasma avvenuto nel canale di Sicilia cinque anni prima. Quell’indagine – ricostruita da Bellu nel bel libro edito da Mondadori – arriverà a fare luce, appunto, su una catena di eventi e comportamenti immorali che trovò il suo apice durante la notte di Natale del 1996, giorno in cui effettivamente una “carretta del mare”, la F-174, s’inabissò a pochi chilometri dal porticciolo siciliano di Portopalo di Capo Passero, portando con sé sul fondale i cadaveri di trecento clandestini pakistani, indiani e tamil. Trecento vittime di molti carnefici. A cominciare dagli organizzatori del viaggio, che stiparono i migranti per mesi nelle stive di navi prigione al prezzo di migliaia di dollari e che poi li abbandonarono al naufragio.

Ma Bellu lascia intendere che una catena d’immoralità, per arrivare al suo fine ultimo – il perpetrarsi d’una ingiustizia – deve agganciarsi su molti anelli, ed enumera dunque i nemici “visibili e invisibili”, “diretti e indiretti” che hanno contribuito ciascuno col suo al destino tragico dei trecento clandestini: le autorità italiane, giudiziarie e quindi politiche, che non vollero credere alle prime denunce giunte dalla Grecia e non aprirono mai un’inchiesta seria; il mondo dell’informazione che, a parte rare eccezioni (su tutti il compianto Dino Frisullo e Il Manifesto), censurò la notizia; infine i pescatori di Portopalo, che per mesi trovarono resti e cadaveri nelle proprie reti rigettandoli in mare.

Sulla vicenda aleggia il respiro di una società spietata – la nostra – cinica tanto nell’accogliere e sfruttare i disperati di altri mondi quanto nel lasciarli andare a fondo, letteralmente, sull’orlo delle proprie coste. Una società di mostri. Questo Bellu lo afferma di pagina in pagina e si vede che ci tiene a dirlo, che il cuore del suo libro sta proprio nella denuncia morale, cosa che gli riesce anche grazie alla serenità di un linguaggio ormai lontano dalle esigenze di immediatezza giornalistica e di scoop.


Ma I fantasmi di Portopalo è innanzitutto una storia, e una di quelle che si leggono tutte d’un fiato. Il lettore segue Bellu dai primi passi della sua inchiesta – nata dal ritrovamento in mare del documento d’identità di un giovane naufrago tamil – fino all’agghiacciante conclusione, quando una spedizione finanziata con poche migliaia di euro da Repubblica (7500, per l’esattezza) localizza il relitto della nave affondata al largo della Sicilia.

Tra i due estremi della narrazione s’incontra una moltitudine di personaggi che restano nella memoria: gli abitanti di Portopalo, descritti in maniera quasi gogoliana dall’autore, costantemente sospesi tra verità e menzogna ma poi umanamente inclini a far trionfare la prima; gli scafisti e armatori del viaggio, vie di mezzo tra pirati e meschini speculatori del mare (uno di loro tiene sul comò il Lord Jim di Conrad!), peraltro tutti a piede libero; infine Anpalagan, il giovane e talentuoso tamil del documento ritrovato in mare, partito da un villaggio dello Sri Lanka grazie alla colletta dei suoi compaesani per venire a studiare e lavorare in Italia, straziante interlocutore di un dialogo immaginario che non avrà mai luogo.

Colpiscono le ultime pagine sul ritrovamento della nave, nelle quali sulla pellicola del fondale appaiono i cadaveri dei naufraghi assieme a forme animate e non del paesaggio subacqueo, e le parole miracolosamente diventano esse stesse cose reali. Ed è molto bella la copertina del libro, in questo caso non un aspetto secondario, dal momento che è chiaramente ispirata al “muro della memoria” dei desaparecidos argentini: un mosaico di foto tessere appartenute ai naufraghi, che ricorda, dinanzi a chi non ha creduto a queste morti o le ha nascoste, che ci furono delle vite.

Dal naufragio di Portopopalo si salvarono solo in ventinove. A tutt’oggi i cadaveri non sono stati recuperati, nonostante l’appello di quattro premi Nobel italiani (Renato Dulbecco, Dario Fo, Rita Levi Montalcini e Carlo Rubbia) e un’interpellanza parlamentare promossa dalla senatrice Tana De Zulueta (Ds). Ulteriore ingiustizia: in assenza delle salme, i familiari non hanno potuto celebrare i funerali.

Dal libro di Bellu Renato Sarti e Bebo Storti hanno tratto uno spettacolo teatrale, La nave fantasma.
Pubblicata da: Turi Borgh il 25-12-2007 22:45 in Segnalazioni

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