«Nei campi il lavoro è nero»

«Nei campi il lavoro è nero» Immigrati impiegati irregolarmente in agricoltura e locali che da un lato lamentano la diminuzione di opportunità, perché in concorrenza con lavoratori impiegati in nero, e dall'altro evidenziano le condizioni di sfruttamento di extracomunitari, senza diritti, senza garanzie, solo con doveri da svolgere nell'arco di una lunga giornata in campagna. È quanto che emerge dalle parole di un lavoratore, impiegato nelle campagne del comprensorio Igp Pachino-Portopalo, alle prese con le fatiche di chi sta nei campi e che da qualche tempo si trova a barcamenarsi in situazioni difficili. «Ogni giorno assistiamo a una situazione che poco ha a che vedere con la regolarità e la legalità - afferma il lavoratore che ci ha chiesto di mantenere l'anonimato - su circa quaranta impiegati nei campi, quelli in regola, anche con il versamento dei contributi e gli ingaggi, sono sì e no una decina.

Tutti gli altri lavorano in nero e in gran parte si tratta di immigrati che vengono reclutati a Pachino, nei pressi del mercato all'ingrosso o in altre zone del territorio» Il conto è presto fatto: mentre il lavoratore locale chiede, oltre alla paga giornaliera, anche il versamento dei contributi previdenziali, all'immigrato viene corrisposta solo la «giornata» e siccome si tratta spesso di irregolari, nessuno di loro può ribellarsi. Parte debolissima, anzi invisibile di un meccanismo che dura da anni, anche per gli extracomunitari impiegati nelle campagne del comprensorio pachinese restano solo doveri. Lavorare senza lamentarsi, altrimenti il giorno dopo nessuno li chiama. Questa la realtà. «A volte, quando c'è bisogno di fare determinati lavori di ripulitura della campagna, - afferma il lavoratore locale - non si ricorre più ai lavoratori regolarmente assunti, prima prevalenti, ma si utilizzano gruppi di extracomunitari che arrivano a squadre e in pochi giorni, lavorando senza sosta e come animali, effettuano un lavoro che in condizioni normali avrebbe richiesto circa un mese. E di sera, quando smettono sono a pezzi». Dalle parole di questo lavoratore della terra emerge uno spaccato in cui emerge una generalizzata ricattabilità che va a danno di tutti, locali e immigrati, con i secondi nella parte sempre più scomoda dei «poveri cristi».

SERGIO TACCONE
Fonte: LaSicilia.it il 05-12-2010 - Categoria: Cronaca

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