Il regista di Pachino lavora a un nuovo progetto

Il regista di Pachino lavora a un nuovo progetto (di Ornella Sgroi) «Anche io, come tanti, sono partito da Pachino con la valigia di cartone», racconta scherzando Gian Paolo Cugno, di ritorno dal Toronto International Film Festival. Ha fatto tutti mestieri del cinema, cominciando dal basso, ed è arrivato a fare quello che più gli piace: il regista. Come in una favola che porta il marchio della Walt Disney Italia, grazie alla quale ha preso vita il suo film di esordio, «Salvatore. Questa è la vita» (2006). Proiettato a Toronto insieme all'altro film del regista siciliano, «La bella società» (2010), nell'ambito di un omaggio che il festival ha voluto dedicargli tra le iniziative che precedono le date ufficiali.

«Una bella soddisfazione, senz'altro per me, ma anche per il cinema italiano esportato all'estero. Sono rimasto sorpreso dalla risposta del pubblico, c'è stata una tale affluenza che l'organizzazione ha deciso di aggiungere due proiezioni in più per ciascuno film. Il Palazzo del Cinema di Toronto, il Lightbox, è un luogo del cinema allo stato puro. Un grattacielo con un grande multisala in cui dalle 9 alle 24 si proiettano film d'autore, si espongono mostre sul cinema e si fanno incontri con registi provenienti da tutto il mondo. Un luogo che, purtroppo, manca in Italia».

Come è andato l'incontro con il pubblico canadese?
«Sono molto timido. Come persona non amo apparire, preferisco lasciare parlare il mio lavoro. Ma l'accoglienza è stata fantastica. Cerco di fare un cinema di emozioni e soprattutto all'estero c'è grande ammirazione per il cinema italiano che parla di emozioni e che racconta l'Italia in modo anche graffiante. Un po' quello che ho cercato di fare io con "La bella società". Un film forse scellerato dal punto di vista drammaturgico e a mio avviso sperimentale nel montaggio, anche se impostato su una storia classica. Di quella classicità di cui io mi sono nutrito sin da bambino, nella mia terra, che è la terra della tragedia greca. Ho spiegato questo al pubblico di Toronto, insieme al fatto che nella Sicilia dei miei film non c'è folklore. Il mio film è fatto di sguardi, non di stereotipi. Almeno così volevo che fosse, anche se in Italia qualcuno mi ha rimproverato il contrario».
Forse è passato un messaggio diverso, magari a causa della complessità narrativa della storia…
«Nell'insieme un film può essere più o meno riuscito, ma io credo che l'importante sia fare le cose per bene. Con amore, impegno e dedizione. Io amo le sfide impossibili e questo a volte mi spinge ad osare. Mi piace provocare e devo essere contento di quello che faccio. In questo lavoro mi deve muovere la passione».

E adesso verso cosa la muove, questa passione?
«Sto lavorando a diversi progetti, tutti abbastanza ambiziosi. Ma ce ne è uno in particolare, cui tengo molto. Una coproduzione internazionale, ambientata tra cento anni, in un futuro prossimo fatto non di astronavi o macchine che volano, ma di un ritorno alla terra e alle risorse primarie di cui tutti abbiamo bisogno. Siamo in tanti, aumenterà il bisogno e si sentirà l'esigenza di tornare a capire il valore dell'acqua e di altre risorse semplici ma importanti. Qualcosa di cui si parla già. Sarà una storia tutta di bambini. Graffiante e feroce, ma anche poetica».
Fonte: LaSicilia.it il 05-05-2011 - Categoria: Cultura e spettacolo

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