I 25 minuti di chi lavora anche 15 ore

I 25 minuti di chi lavora anche 15 ore CGIL. Conferenza stampa a Palermo su filmato denuncia della schiavitù in agricoltura in Sicilia

di Loredana Brigante


Un albero, delle catene, e uno slogan dal sapore amaro come questo: “Dove ci sono gli schiavi, ci sono gli schiavisti”. È, questa, la seconda parte del titolo di un film-documentario della durata di 25 minuti, presentato in conferenza stampa nella sede regionale della CGIL di Palermo nella mattinata del 26 gennaio. Ma fin qui tutto normale (?). Ciò che stupisce di più è la prima parte: “Sicilia: 20.000 schiavi”.
Incredibile, ma vero: centinaia di rumeni, polacchi, tunisini arrivati in Italia con la speranza di un futuro migliore sono, oggi, i nuovi schiavi: quelli che si pensava fossero una traccia delle epoche passate, quelli di cui qualcosa si sa, ma tanto stanno in altri continenti…
E, invece, un video girato dal regista Enzo Rizzo nel mese di novembre documenta la schiavitù nell’agricoltura nelle campagne di Siracusa, Avola, Noto, Pachino, e dintorni. E per dintorni si intende soprattutto l’occhio di chi non vuole vedere, la coscienza di chi non ce l’ha e la paura di chi non può permettersi nient’altro che questo, oltre a compensi da fame (che variano dalle 15 alle 40 € al giorno), abitazioni indegne (anche ricoperte dal cellophan) e zero diritti.

Quello che abbonda, al contrario, sono le ore di lavoro: per loro, vale la formula del lascia o raddoppia. I più, infatti, per non rischiare di non essere richiamati l’indomani, scelgono di raddoppiare, lavorando anche quindici ore al giorno e vivendo in condizioni precarie, lontani dal loro Paese, dai loro sogni e privati della dignità e delle libertà individuali, civili, sindacali. Il colmo è che questa situazione – come ha affermato Salvatore Lo Balbo, Segretario generale della Flai siciliana – “è patrimonio non di un’agricoltura arretrata, ma sviluppata”, per cui è necessario gettare terra (nel vero senso della parola) sull’omertà di chi tace pur notando giri di centinaia di furgoni, e sull’immoralità di certi imprenditori che ostentano invece i valori del socialismo e del cristianesimo e inventano rivalità religiose. Incoraggiare, quindi, le denunce da parte degli sfruttati ottenendo per loro un permesso di soggiorno speciale e definire il reato di caporalato: è questo l’obiettivo che la Flai si è posta da un anno, nell’ambito della campagna “Spezziamo le catene degli schiavisti nell’agricoltura”, che chiede l’immediata approvazione del DDL approvato dal Consiglio dei Ministri. In questo senso, si stanno muovendo anche alcuni comuni, con Pachino come capofila.

Intanto, nell’attesa che qualcosa cambi, i volti e le voci del filmato di Rizzo potranno scorrere ancora in altri luoghi e raccontare, anche se solo in 25 minuti, i 13 milioni di giornate evase in Sicilia, insieme alla rassegnazione e alla rabbia.

Loredana Brigante
Fonte: 7magazine.it il 27-01-2007 - Categoria: Cronaca

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