Concorrenza sleale sui prodotti tipici

Ananas e pachino sui banchi dei coltivatori locali. «Nessuno controlla» Mele della Val di non sui banchi dei mercati settimanali di tutto il sud pontino. Arance tarocco e limoni di Sicilia fanno capolino fra i cartelli di “tardive” pesche ottobrine, pomodori pachino, delle prime castagne e di ananas, susine e banane enormi, tutti evidentemente in arrivo dalla Spagna. La stranezza è che tanto ben di Dio si trova sui banchi dei produttori locali. Contadini pontini: quelli, per intendersi, che ai fini fiscali e amministrativi dovrebbero vendere solo merce coltivata e raccolta con le proprie mani dagli altrettanto propri orti. Invece così non è, a meno che l’agro pontino non nasconda fra i suoi storici coltivatori diretti qualche eccezionale sperimentatore: capace, ad esempio, di far fruttificare qui mele nordiche o frutti equatoriali e per tutto l’anno. E la verità è che nessuno fra gli organi preposti, controlla la regolarità delle vendite. Lo sanno i rivenditori di Fondi, penalizzati dalla concorrenza sleale di tanti e tali vicini di banco. «Noi sosteniamo spese e contabilità per acquistare all’ingrosso e commercializzare prodotti in arrivo anche da fuori - sbottano al mercato di via Gioberti, sede, specie la domenica, dell’esotico traffico - Loro no: non rilasciano lo scontrino fiscale e dovrebbero vendere solo quello che producono, invece sui banchi, curatissimi, si trova di tutto, anche quello che non dovrebbe esserci». Con la partita Iva, acquistano liberamente all’ingrosso, ciò che liberamente vendono senza coltivare: «Noi rilasciamo fattura - dice il presidente del Mof Giuseppe La Rocca - Non siamo tenuti a controllare come vengono rivenduti i prodotti che vengono acquistati. Ad agire devono essere altri». Chiaro. E così, riforniti come farebbe un rivenditore, ma privi della licenza indispensabile per vendere, offrono ai propri clienti una scelta ben oltre il locale e agli operatori in regola rabbia e slealtà: «E’ un fenomeno che stiamo cercando di combattere da anni senza riuscirci - parla Marrigo Rosato, funzionario della Confcommercio di Fondi - Appelli alla Guardia di Finanza e ai Comuni, interessamento della Prefettura che due anni fa scrisse alle varie Polizie municipali di controllare bene le licenze ai mercati e la rispondenza della documentazione presentata da tali produttori alla realtà dei fatti. Non abbiamo ottenuto niente».

Già: perché per essere produttore locale bisogna dichiarare al Comune su quale terreno vengono coltivati i prodotti. E stando alle segnalazioni degli operatori fondani, ci sarebbe anche chi si spaccia per agricoltore pur lasciando incolta e in preda ai rovi la sua terra d’elezione. «Ci sono tanti casi - continua Rosato - Oltre Fondi succede nei mercati settimanali di Gaeta, Formia, San Felice, da sempre. L’inerzia potrebbe essere spiegata dalla falsa convinzione dei sindaci di andare a colpire della povera gente, invece non è così: spesso, sempre più spesso, si tratta di soggetti che hanno banchi anche di 40 metri quadri, quanto quelli dei rivenditori. Oppure hanno spazi consolidati, modesti, ma curatissimi, come non farebbe un operatore in difficoltà. Poi, non rilasciando scontrini, saremmo di fronte anche a forme di evasione fiscale, oltre che di falso e mendacio. Abbiamo fatto notare anche questo, ma evidentemente non abbiamo convinto nessuno. Per il settore è una piaga sempre più virulenta, perché oltre alla crisi, bisogna combattere contro la stessa categoria, da soli: invece basterebbe far rispettare la legge e i ruoli».

di MONICA DI FABIO
Fonte: IlMessaggero.it il 15-10-2004 - Categoria: Cronaca

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